La nostra cultura ha cercato spesso di tenere fuori le emozioni dal luogo di lavoro, ma di fatto il luogo di lavoro è ricco di emozioni: rabbia, paura, tristezza, gioia ecc. Le persone si arrabbiano tra di loro, hanno paura di fare una brutta figura, sono tristi per non aver conseguito una promozione, sono felici perché andranno in ferie. Tanto nel lavoro quanto nella vita privata siamo invasi dalle emozioni. Specialmente in questo periodo storico, a causa di tanti mesi di pandemia, le nostre vite sono vissute con moltissime emozioni.

Organizzazioni come arene emotive

Come afferma Fineman le organizzazioni sono arene emotive, in cui i sentimenti provati dai singoli danno forma a azioni e decisioni e, viceversa, azioni e decisioni modellano le emozioni. All’interno delle organizzazioni, gli attori recitano un copione a seconda dell’emozione provata, ma queste emozioni non si esprimono apertamente: esse vengono alla luce quando gli individui accettano di raccontare le proprie giornate di lavoro in modo autentico. Solo allora si intravede la trama emotiva che caratterizza la vita organizzativa.

Mi capita spesso di sentire persone che pensano che manifestare le proprie emozioni sul lavoro sia un segno di debolezza, e che bisogna essere razionali per essere efficaci. L’opposizione tra ragione e emozione è uno dei pregiudizi più diffusi nella nostra società.

Ma se andiamo a vedere nel dettaglio, il nostro lavoro non può essere solo razionalità: qualsiasi ruolo richiede capacità emozionali. I membri di un team è consigliabile che siano collaborativi, chi vende un prodotto deve essere entusiasta, chi gestisce clienti sorridente e gentile ecc.

Come si controllano le emozioni?

Le aziende pongono sempre più enfasi sulla formazione emotiva delle proprie persone, in quanto una persona in grado di gestire con efficacia le proprie emozioni è un o una professionista migliore, in grado di relazionarsi con gli altri e di inserirsi con successo nell’ambiente in cui lavora. Sono tante le ricerche al riguardo.
Quando si parla di controllo non ci si riferisce necessariamente alla soppressione o inibizione dell’espressione emotiva: una persona che sa controllare le proprie emozioni le usa per comunicare efficacemente con gli altri, per risolvere i problemi e per rendere migliore la propria interazione con l’ambiente che la circonda.

Il termine “controllo” non è pertanto giusto. È più corretto utilizzare il termine “regolazione”, che è il vero processo su cui possiamo agire per essere più efficaci nel nostro ruolo.

Ecco in che modo:

  • Intensificazione. Possiamo aumentare la reazione e la manifestazione dell’emozione che stiamo provando, per esempio se riceviamo un regalo da parte di un collega che non ci piace mostreremo una gioia maggiore di quella che proviamo veramente per cortesia nei suoi confronti.
  • Deintensificazione. Possiamo, al contrario, mostrare meno di quanto stiamo provando, ad esempio se il nostro responsabile ci fa arrabbiare, possiamo non mostrare tutto il nostro disappunto.
  • Neutralizzazione. Possiamo anche non mostrare nessuna emozione, come per esempio davanti a una provocazione da parte di un collega, per la quale facciamo finta di nulla.
  • Dissimulazione. Possiamo fingere di provare una certa emozione, anche se non la stiamo provando, per esempio possiamo fingere di provare gioia per la promozione di un collega, anche se in realtà siamo infuriati.

L’emotion management, ossia la capacità di gestire le proprie emozioni, avviene con un costante lavoro sia interiore, attraverso l’analisi e la consapevolezza delle proprie emozioni, sia esteriore, attraverso la manifestazione e la comunicazione verso le altre persone. Questa capacità sta diventando sempre più richiesta non soltanto ai manager, ma a qualunque persona per qualsiasi lavoro.

Leadership trasformazionale

Le emozioni del leader o della leader hanno un forte effetto nelle persone che coordina, sia nella relazione diadica sia in quella di gruppo. L’obiettivo di controllare e gestire le proprie emozioni è decisamente necessario  quando si parla di leadership.

È molto importante considerare che una leadership realmente emozionale non può fondarsi su un’unica emozione. Per esempio una leadership basata sulla paura può essere efficace nel brevissimo periodo ma è distruttiva sul lungo termine. Persino una leadership basata sulla gioia e sulla condivisione potrebbe generare effetti di rallentamento dell’efficienza e perdita di stimoli.

Per leadership trasformazionale si intende la capacità di mobilitare risorse umane al fine di realizzare obiettivi organizzativi. È la capacità che si fonda sullo sfruttamento pieno della propria intelligenza emotiva e che fa leva sull’abilità di percepire emozioni, di accederle e generarle negli altri, di capirle e regolarle, al fine di promuovere un miglioramento emotivo e intellettuale di tutto il gruppo di lavoro.

Un buon leader, infatti, è in grado di utilizzare le emozioni per motivare i propri collaboratori, creare condivisione e partecipazione sugli obiettivi strategici e comunicare la vision aziendale.

Per concludere

Troppo spesso sin da piccoli ci hanno detto di non piangere, non ridere, non urlare ecc. Ma tutto questo ha effetti deleteri su di noi, se non diamo voce alla tristezza, alla  gioia, alla rabbia non possiamo ambire al nostro benessere. Quindi viviamo le nostre emozioni, facciamole vivere ai nostri figli, perché esse colorano la nostra vita e ne danno senso. Le emozioni sono tutte necessarie e preziose per il nostro benessere, dalla tristezza alla gioia, dobbiamo solamente imparare a dare loro un nome, accoglierle e gestirle in modo funzionale nel nostro lavoro e nella nostra vita privata.

Le emozioni erano cavalli selvaggi: alla fine, non rimaneva altro da fare che liberarli.” Paulo Coelho.

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Bibliografia

F. Romana Puggelli, Emozioni al lavoro. Il sole 24 ore.

S. Fineman, Le emozioni nell’organizzazione. Raffaello Cortina Editore.

Feeling Seen: What to Say When Your Employees are not OK, Harvard Business School

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