Perdita di motivazione al lavoro. Quattro consigli pratici per HR e manager.

La motivazione è ciò che spinge una persona a compiere una determinata azione. Per riuscirci è necessario attivare una componente energetica, capace di attivare a livello fisiologico l’azione e una seconda componente di orientamento, al fine di guidare la stessa verso una direzione.

Mantenere questo processo è fondamentale in quanto permette di focalizzare le proprie energie e fatiche verso un determinato obiettivo, aumentando così le probabilità di raggiungere successo e soddisfazione personale.

Quando, al contrario, tale processo si interrompe, è probabile l’insorgere di una sensazione di insoddisfazione generale e malessere diffuso, data proprio dalla perdita di motivazione. Vivere tale momento, almeno una volta, ad esempio lungo l’intero arco della propria carriera professionale è molto probabile. Nel contesto lavorativo, una delle prime sensazioni che si prova quando accade è la perdita di passione, il dover affrontare momenti di noia, frustrazione, disinteresse, scarsa concentrazione e inefficienza. Per manager, HR e imprenditori, diventa quindi fondamentale prestare attenzione al mantenimento di un buon livello di motivazione dei propri collaboratori. Da esso si crea maggiore soddisfazione lavorativa che porta ad una maggiore produttività ed efficienza organizzativa.

Perché avviene la perdita di motivazione?

Le ragioni per cui i propri collaboratori rischiano la perdita di motivazione possono essere diverse:

  • Interni all’azienda come le difficili relazioni fra colleghi e responsabili, lo stress e gli elevati ritmi richiesti, una retribuzione inadeguata e non rappresentativa del ruolo assunto.
  • Esterni all’azienda esclusivamente personali e riservati alla sfera personale e privata di ognuno.

Il compito di ogni manager, HR e datore di lavoro è quindi quello di individuare le cause scatenati per poi trovare insieme, le soluzioni e le strategie più funzionali al fine di garantire benessere organizzativo e ottime prestazioni.

Quando si prende in considerazione il fattore motivazionale, si rende inevitabile introdurre anche il concetto di grinta e passione in quanto fattori direttamente proporzionali.

Motivazione e non solo…serve Grinta!

A questo punto, in aiuto arrivano gli studi di Angela Duckworth, psicologa e docente di psicologia presso l’Univeristy of Pennsylvania, i quali si sono concentrati sulla grinta e in particolare sul perché essa assume un ruolo centrale nella nostra vita, cosa la determina e soprattutto cosa diventa necessario per allenarla e mantenerla costante nel tempo.

La motivazione, come unico fattore, può non essere elemento pienamente affidabile in quanto non si dimostra stabile nel tempo, ma al contrario, variabile e frammentata. Angela Duckworth, nel suo libro “Grinta” suggerisce di lavorare su quattro fattori: interessi, pratica, scopo e speranza. Si possono cioè definire persone motivate solo le persone che sono in grado di mantenere la loro passione nel tempo con determinazione e perseveranza.

Cos’è la grinta?

La grinta è per la psicologa, una combinazione di passione e perseveranza per un obiettivo particolarmente importante, è l’impegno a finire ciò che si è iniziato, il desiderio di migliorare e di avere successo, la capacità di andare oltre gli ostacoli e l’atteggiamento mentale necessario per compiere attività ripetitive, talvolta noiose o spiacevoli.

“Grinta è avere resistenza, è seguire il proprio futuro, giorno dopo giorno, non solo per una settimana, non solo per un mese, ma per anni e lavorare davvero sodo per rendere il futuro una realtà. Grinta è vivere la vita come una maratona, non come uno sprint”.

4 consigli utili ad HR e manager per evitare la perdita di motivazione dei collaboratori

Il compito delle Risorse Umane è così rivolto in primis nel creare, sviluppare e mantenere condizioni lavorative certe per un buon livello di motivazione e grinta dei manager aziendali. Solo così, questi ultimi possono essere leader credibili e fonte di ispirazione e di esempio quotidiano per i propri collaboratori.

Gli aspetti a cui HR, manager e imprenditori devono prestare particolare attenzione sono riassunte in 4 azioni principali.

1. Creare senso di appartenenza e identità organizzativa.

L’engagement dei collaboratori è il fulcro dello sviluppo, quando il lavoro è vissuto con entusiasmo si genera energia, grinta, gratificazione, benessere individuale e di gruppo. Di conseguenza, le persone si sentono spontaneamente e facilmente motivate nel dare più impegno.

2. Saper cosa e come comunicare in modo efficace.

Per HR e manager, riuscire ad applicare, per esempio la tecnica del dialogo strategico, sviluppata da Giorgio Nardone, diventa un importante chiave di successo. Infatti, con le regole della comunicazione persuasoria, in essa contenute, porteranno ad indurre potenzialmente i loro collaboratori a cambiare la visione della propria realtà.

Adottare un atteggiamento di problem solving strategico significa quindi essere dei leader consapevoli e capaci di utilizzare un metodo per

  • sviluppare nelle persone la capacità di considerare punti di vista diversi;
  • riconoscere le proprie aree di miglioramento per imparare a superarle tramite l’utilizzo dei punti di forza conosciuti e riscoperti;
  • saper introdurre cambiamenti, ma anche essere disposti ad accettare e fronteggiare ciò che non può essere cambiato;
  • apprendere nuove abilità per risolvere da sé i problemi e affrontare sfide a complessità crescente.

In sintesi, essere un Manager Strategico significa diventare abile nell’ascolto con l’obiettivo di far emergere gli aspetti che hanno funzionato in passato e potrebbero quindi ancora emergere per essere nuovamente utilizzati ed applicati. “Un abile ascoltatore è in grado di influenzare in modo silenzioso” (Tessarolo, 2007).

3. Flessibilità nelle mansioni.

Se possibile prevedere anche dei piani di Job Rotation (in particolare per i collaboratori che percepiscono il bisogno e manifestano una reale necessità). La rotazione di ruolo, permette alle persone di mettersi alla prova in più contesti e di conseguenza le nuove responsabilità e attività potrebbero essere elemento di rinnovata fiducia, autostima e di crescita professionale.

4. Creare e strutturare un’adeguata politica di compensation e benefits.

Sviluppare piani organizzativi dove la retribuzione sia adeguata e in linea alle mansioni e integrata ad un piano di benefits e welfare aziendale in grado di ascoltare, arricchire e soddisfare in modo comprensivo e concreto le necessità di vita dei lavoratori.

Per concludere

Come si evince dagli studi di Angela Duckworth, il segreto per il successo non è il talento, ma la grinta intesa come miscela di passione e determinazione. L’intenzione quindi è quella davvero di sensibilizzare ognuno di noi e smettere di credere nella visione del talento come aspetto intrinseco e innato della personalità. Tale distorsione cognitiva ci distrae dalla verità, ovvero che la motivazione e la grinta sono fattori del carattere che si possono nutrire e coltivare.

Per farlo esistono due modi. Il primo, deriva da noi, dal nostro mondo interno, ovvero coltivare i propri interessi, acquisire l’abitudine di buone routines quotidiane, di alzare ogni giorno l’asticella, collegare il proprio lavoro a un qualche scopo e infine imparare a sperare, creare aspettative positive anche quando tutto sembra perduto e fallito. Il secondo, deriva dall’esterno, per questo, ognuno di noi, in qualità di genitore o ruolo ricoperto in società, dal lavoro al tempo libero, ha la responsabilità e il dovere di tentare di sviluppare e contribuire alla crescita di un atteggiamento grintoso. L’influenza degli altri è decisiva e per questo dovremmo sempre avere a mente quanto possiamo essere un esempio per la vita altrui.

Il ruolo di HR e manager

In particolare, nel contesto aziendale, il ruolo di HR e Manager, comporta delle responsabilità, fra le quali il raggiungimento degli obiettivi e il controllo delle azioni atte a conseguirlo. Ma il mondo delle organizzazioni chiede molto di più della specializzazione tecnica, tanto più che l’aspettativa della pura esecuzione dei compiti non è più sufficiente. Essere un manager efficiente significa quindi possedere qualità e capacità nella gestione delle relazioni e della comunicazione.

La credibilità di HR e manager dipende quindi anche dalla loro qualità e capacità di gestione di un dialogo. In generale, c’è sempre una buona ragione per parlare con il proprio collaboratore. La difficoltà sta spesso nel finalizzare il colloquio e nel trovare le modalità comunicative e di ascolto più adeguate, ma le loro parole saranno percepite come messaggi aziendali che qualificano lo stile dell’organizzazione e la prestazione conseguente.

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Bibliografia

Duckworth A., Grinta, Giunti.

Nardone G., D’Andrea S., Il colloquio strategico in azienda, Ponte alle Grazie.

Pombeni M.L., Il colloquio di orientamento, Carroci.

Tessarollo M., La comunicazione interpersonale, La Terza.

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