Dissonanza cognitiva e lavoro. Quando perseguire la coerenza genera stress.

La dissonanza cognitiva è un fenomeno molto comune che tutti noi sperimentiamo nella nostra vita quotidiana. Si riferisce al fatto che, in genere, cerchiamo di mantenere una coerenza interna fra le nostre credenze, i nostri valori e i nostri comportamenti.

Quando questo equilibrio viene minacciato, le persone non si sentono a proprio agio e cercano di ristabilirlo.

Introdotto da Leon Festinger nel 1957 nel suo libro, A Theory of Cognitive Dissonance, la teoria della dissonanza cognitiva si concentra su come gli esseri umani fanno del loro meglio per mantenere la dissonanza cognitiva al minimo e fanno di tutto per evitare situazioni che potrebbero indurli a sperimentarla.

I 3 modi con cui riduciamo la dissonanza cognitiva ipotizzati da Festinger:

  1. Decidiamo di non ripetere l’azione. Per esempio davanti all’evidenza che il fumo nuoce alla salute, si smette di fumare.
  2. Cambiamo le nostre convinzioni. Pur sapendo che il fumo fa male si pensa che però aiuta a scaricare la tensione.
  3. Razionalizzando ciò che facciamo. Si continua a fumare sottostimando le ricerche che indicano la nocività del fumo, magari si conosce pure un centenario che ha fumato una vita!

Dissonanza cognitiva e lavoro

La dissonanza cognitiva sul posto di lavoro è comune e una causa significativa di stress per i lavoratori che a volte sono esposti o costretti a tollerare, supportare ed eseguire compiti che sono in profondo conflitto con il loro sistema di valori o etica professionale.

Ci sono molti esempi e scenari che possono causare dissonanze cognitive che vanno dal dover osservare pratiche di leadership inadeguate e  richiesta di svolgere compiti che non sono in linea con procedure, norme, formazione, valori organizzativi o personali. Ad esempio, un responsabile delle risorse umane a cui viene chiesto di licenziare un dipendente per cattiva condotta senza prove adeguate sperimenterà una significativa dissonanza cognitiva. Da un lato, i suoi valori interni, il senso di ciò che è giusto e sbagliato e dall’altro la percezione del danno organizzativo se andasse contro le aspettative di chi ha deciso “sopra di lui” e il potenziale impatto negativo sulla sua carriera.

Venire a patti con determinate decisioni, istruzioni e pratiche organizzative può spesso essere una questione di sopravvivenza professionale.

Nella maggior parte dei casi le cause della dissonanza cognitiva possono essere ricondotte a carenze organizzative e culturali, nonché a comportamenti e pratiche di leadership scadenti e inappropriati che a volte sono tollerati a determinati livelli organizzativi. Affrontare la dissonanza cognitiva diventa un’abilità di sopravvivenza necessaria, soprattutto perché in realtà ci sono solo due scelte disponibili: affrontare la dissonanza cognitiva o lasciare l’organizzazione.

È interessante notare che di fronte a fattori di stress di questo tipo, una buona percentuale di persone scelga ancora di eseguire compiti con cui è così profondamente in dissonanza. Lo fanno principalmente per due motivi:

Obbedienza.

Si giustificano le azioni perché l’istruzione è arrivata da una persona di maggiore autorità (“me lo dice il mio capo, è fuori dal mio controllo, quindi devo farlo”).

Normalizzazione.

Si attiva un processo di giustificazione interna (“È spiacevole ma fa tutto parte del lavoro” oppure “lo fanno anche gli altri colleghi”).

Cosa succede se non affrontiamo la dissonanza cognitiva al lavoro?

  • Aumento dell’assenteismo. Questo è uno degli effetti più comuni della dissonanza cognitiva sul posto di lavoro. Le persone trovano emotivamente più facile giustificare il loro assenteismo che essere esposte a fattori che causano stress. Le perdite finanziarie per le organizzazioni derivanti da questo tipo di assenteismo sono evidenti e significative.
  • Ritiro e disimpegno. I dipendenti stressati non sono dipendenti produttivi. Spesso si ritirano, cessano di proporre le loro idee e se rimangono nell’organizzazione, svolgono passivamente le loro mansioni per conservare il loro lavoro. Ciò ha un impatto e un’influenza significativa sugli altri dipendenti e sulla cultura organizzativa generale.
  • Negatività e comportamento inappropriato. Oltre allo stress, le persone che sperimentano la dissonanza cognitiva correlata al lavoro provano anche una serie di altre emozioni negative come delusione, ansia e rabbia.
  • Elevato turnover. Alla fine, se non affrontato, la maggior parte dei casi di dissonanza cognitiva cronica porterà le persone a lasciare le organizzazioni. Questa è spesso una significativa perdita di business in termini di conoscenza organizzativa e risorse utilizzate nel reclutamento, nella formazione e nello sviluppo. Ha anche un impatto negativo sulla reputazione dell’organizzazione e sulle future assunzioni di candidati.
  • Effetti nocivi sulla salute. Lo stress cronico sul posto di lavoro causato dalla dissonanza cognitiva spesso si traduce in una serie di effetti negativi sulla salute come depressione, affaticamento, ansia etc… Questi sono particolarmente probabili in situazioni in cui una persona sente di essere “senza soluzioni” e deve continuare l’esposizione a un ambiente che induce stress.

3 modi per affrontare la dissonanza cognitiva

1. Consapevolezza

Spesso affrontiamo le incongruenze cognitive senza esserne consapevoli. Il primo passo è notare le incongruenze tra i nostri pensieri. Possiamo aumentare la nostra consapevolezza astenendoci dal giudizio e accettando le nostre emozioni.

2. Comprensione

Il passo successivo è identificare la causa delle incongruenze nei nostri pensieri. Comprendere le convinzioni e i valori dietro le incongruenze è un’opportunità per sviluppare una conoscenza di te stesso più profonda.

3. Parla della tua dissonanza

Anche se può imbarazzarci, è funzionale parlare con il  responsabile o con i colleghi delle emozioni dissonanti che proviamo. Esternare la dissonanza può essere utile a livello organizzativo per capire eventuali situazioni che si scontrano anche con la stessa cultura aziendale.

Alle volte accettare mal volentieri e in silenzio quello che ci viene richiesto può essere dannoso sia per noi stessi che per l’intera organizzazione.

La dissonanza cognitiva non è necessariamente negativa

In effetti, è un meccanismo psicologico che ci aiuta a percepire il nostro mondo in modo coerente. È un meccanismo che ci avvisa quando non agiamo in linea con le nostre convinzioni, atteggiamenti o piani.

In questo senso, l’esperienza della dissonanza cognitiva è un’opportunità di crescita, a patto che la affrontiamo in modo costruttivo e rispondiamo ad essa in un modo per noi benefico.

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Bibliografia

Amerio, P., Bosotti, E., & Amione, F. (2001). La dissonanza cognitiva. Teoria e sperimentazione. Bollati Boringhieri

Festinger L.,  A Theory of Cognitive Dissonance. Stanford, CA: Stanford University Press.

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