Stare a casa! Questa è la raccomandazione che ci sentiamo ripetere quotidianamente, addirittura ogni volta che accendiamo la TV, apriamo i nostri social network, parliamo con parenti, amici e colleghi.
Questa imposizione non comporta soltanto l’annoiarsi o il non avere cose da fare, ma fa sì che entrino in gioco diverse, e forse mai provate, spinte emozionali che ci portano a dover ripensare al nostro presente e a come agire in esso.
Non abbiamo ancora ricerche che riportino evidenze scientifiche in merito all’attuale situazione, e questo è già un dato molto importante, ma è possibile trovare alcune informazioni in merito alle dinamiche psicologiche che entrano in gioco dalle esperienze passate e in qualche modo simili.
In studi condotti in altri contesti, simili a quelli attuali (per esempio in Australia dopo la quarantena dovuta alla SARS), è stato dimostrato che stress, atteggiamenti depressivi e ansia, possono manifestarsi anche al termine della reclusione. Portando queste informazioni alla sfera lavorativa, è facile immaginare che quelle che sono condizioni ormai consolidate nel contesto d’ufficio, in questa situazione si manifestano in modi sconosciuti e per i quali si necessita di strategie diverse.
Appare quindi indispensabile pensare (e ri-pensare) l’approccio al proprio mental health care. È necessario trovare strategie da mettere in atto per non soccombere alla situazione, ma per gestirla ed essere “padroni” del proprio presente, minimizzando gli effetti che i vissuti attuali potrebbero manifestare anche in futuro.
Vediamo insieme come poter gestire queste diverse e nuove sfide che il contesto ci chiede di affrontare e rafforzare gli strumenti a nostra disposizione, non solo fisici, ma soprattutto psicologici, per rendere efficace e sostenibile questa forma di lavoro.
Come prima cosa è importante cercare di creare un “vocabolario” condiviso. In questo periodo la parola smart working viene usata quotidianamente, da familiari, colleghi, media. È diventata, per usare un termine social, un trending topic dei giorni nostri. A volte però la sentiamo usare forse impropriamente. Ma quindi di cosa si tratta?
La vera distinzione da fare è fra i due termini smart working e telelavoro. Infatti, nonostante queste due definizioni possano essere usate come sinonimi nella quotidianità, i significati che vi sottostanno descrivono due tipologie di lavoro molto diverse.
Lo smart working è quel tipo di «lavoro agile» in cui non ci sono orari prestabiliti o restrizioni su dove lavorare. Non ci si riferisce alla mera replica del lavoro d’ufficio, ma si lavora per obiettivi e risultati. In altre parole, il dipendente ha un determinato tempo per raggiungere il risultato, lavora per progetti e non “per orario lavorativo stabilito”. Quello che si instaura è, quindi, un rapporto di fiducia reciproca fra management e dipendente, che diventa base imprescindibile per raggiungere l’obiettivo.
Il telelavoro è il «lavoro da remoto» , quindi effettivamente si tratta di una replica delle modalità di lavoro tradizionali, da esplicarsi però all’interno delle mura domestiche. Il dipendente deve essere connesso durante tutto l’orario d’ufficio e per fare ciò il datore di lavoro deve dotare il dipendente di tutte le componenti presenti in ufficio, comprese le verifiche sulla sicurezza dell’abitazione e della postazione di lavoro.
Come è facilmente intuibile, il carattere repentino con cui si è generata e sviluppata la situazione attuale ha portato aziende e lavoratori ad una forma ibrida fra le due tipologie: non c’è stato il tempo per un ripensamento manageriale previsto per lo smart working, ma la necessità di far lavorare tutti da casa. Possiamo dire che questa emergenza ha messo dipendenti e datori di lavoro di fronte ad un grande test, imprevisto e per i quali non ci si sente completamente preparati. Per passarlo è necessario capire quali sono le variabili psicologiche che entrano in gioco e le strategie che è essenziale mettere in atto.
Lavorare con ritmi variabili, in spazi non canonici e in modalità asincrona rispetto al proprio team o ai propri colleghi, porta a dover riorganizzare le strategie e il modo di operare nel contesto lavorativo. A cosa dobbiamo cominciare a prestare attenzione? Quali possono essere delle strategie vincenti nel nostro presente, così diverso e sconosciuto? Vediamole insieme.
La casa non è sempre lo spazio migliore per lavorare, o meglio non lo è quando non è stata progettata per farlo. In queste situazioni, e soprattutto quando gli spazi non sono così grandi e ci troviamo a doverli dividere con altri familiari o coinquilini che stanno a loro volta lavorando, risulta utile crearsi una propria area di lavoro.
Uno spazio dedicato agli strumenti che ci servono, il PC o il tablet, la nostra agenda e il nostro planning della giornata, così che anche il nostro spazio psicologico possa essere preservato (se vi state chiedendo cosa sia un planning, ne parleremo tra poco).
Questa potrebbe inoltre essere una buona occasione per organizzare il nostro spazio digitale: organizzare le proprie cartelle, classificandole per macro-argomenti o per anno, rinominare i nostri documenti e pulire la nostra posta elettronica, può essere sicuramente una strategia efficace per favorire il lavoro da remoto. Pensiamo infatti che il computer in questo caso può essere spesso il nostro strumento principale. Anche l’utilizzo dei social network aziendali deve essere organizzato e gestito, poiché potrebbe creare confusione o dispersione del tempo.
Quella che investe le relazioni con i colleghi è forse una delle mancanze che il lavoratore può sentire maggiormente, nonostante le possibilità offerte dagli strumenti digitali. Al contempo le informazioni che riceviamo e i contatti virtuali che abbiamo durante la giornata sembrano essere troppi, sovrapposti, incalzanti… al punto da indurci a percepire una connessione continua, un flusso indifferenziato di stimoli. Ecco che notiamo un paradosso, che dobbiamo saper gestire: ci sentiamo soli, isolati, ma incapaci di disconnetterci e sovrastimolati. Come affrontare il disagio che ne deriva? Organizzare dei meeting di allineamento con i colleghi ad orari stabiliti, per esempio la sera così che tutti siano aggiornati sul lavoro svolto. Oppure creare dei momenti sociali (rigorosamente virtuali) di svago: il caffè su Whatsapp o l’aperitivo post-lavoro su Houseparty. L’importante è stabilire dei momenti e degli orari, in modo da gestire le troppe informazioni e preservare il nostro diritto ad essere disconnessi.
Perdere la cognizione del tempo è una delle condizioni più frequenti in questa situazione. Per assecondare il cambiamento del contesto di lavoro, dobbiamo creare una nuova routine, che comprenda una pianificazione del lavoro e delle attività extra-lavorative usuali (sport, lettura, etc..). Come fare?
Nel 2008 era comune riferirsi all’’ideogramma cinese che si traduce con “crisi è opportunità” ed anche questa nuova situazione porta con sé delle possibilità da cogliere. Prima di qualche settimana fa e del primo vero lockdown, molti lavoratori italiani fantasticavano sui benefici dello smart working, guardando con un pizzico di invidia i propri colleghi che già potevano usufruire di questo benefit e considerandoli quasi dei privilegiati (solo il 2% dei lavoratori totali: circa 570mila dipendenti). Ma adesso che il lavoro da casa è una necessità e non più solo un benefit aziendale, possiamo riuscire a renderlo efficace adottando strategie per riprendere il controllo del nostro presente.
Coordinare la vita lavorativa e quella familiare contemporaneamente, è una sfida che possiamo superare, senza dimenticare il ruolo fondamentale delle emozioni. Riuscirci significa ripensare il nostro benessere psicologico, per preservarlo anche in questa situazione. Può sembrare difficile ma le risorse le abbiamo e possiamo costruirle, anche chiedendo l’aiuto di un esperto. Non resta che augurarci buon lavoro… da casa!
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Elbanna, A., Dwivedi, Y. K., Bunker, D., & Wastell, D. (2019). Smart Working, Living and Organising
Chiaro, G., Prati, G., & Zocca, M. (2015). Smart working: dal lavoro flessibile al lavoro agile. Sociologia del lavoro
Mazzucchelli (2019) Time management: la gestione del tempo per aumentare la produttività
Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali