Il comportamento passivo-aggressivo. Quando nascondere la rabbia può danneggiare l’azienda.

Il comportamento passivo-aggressivo è una modalità di espressione della rabbia, velata e mascherata (Long, Long, & Whitson, 2009) messa in atto quanto le capacità e le risorse della persona sono insufficienti o inadeguate oppure quando le circostanze non permettono di esprimere liberamente e spontaneamente l’emozione negativa. Nello specifico, il meccanismo sottostante è caratterizzato dal contrasto tra ciò che si dice (l’espressione verbali) e ciò che si agisce (comportamento che ne consegue).

La componente aggressiva del messaggio verbale è nascosta, con la tendenza a ostacolare le richieste esterne o frustrare desideri o bisogni altrui. Spesso, nei comportamenti umani, l’aggressività non è diretta o esplicita, ma utilizza diverse modalità di negazione ed evitamento della relazione e del dialogo (Bonizzato, 2016). Procrastinare, trovare scuse, dimenticare impegni e obiettivi, creare un clima di confusione, utilizzare il sarcasmo o sottigliezze verbali, evitare il confronto e l’assunzione di responsabilità sono degli esempi di rabbia repressa che sfociano nel comportamento passivo-aggressivo.

L’origine del termine

Il colonnello statunitense William Menninger, durante la seconda guerra mondiale, utilizzò questo termine per descrivere il comportamento ostacolante di alcuni soldati che silenziosamente non rispettavano gli ordini e disobbedivano mascheratamente. In pratica, i soldati mettevano in atto comportamenti passivi, come la procrastinazione, probabilmente dovuti all’alto livello di stress, non potendo esplicare la rabbia o la disapprovazione davanti ai loro superiori.

Da allora, il termine passivo-aggressivo è utilizzato per indicare un atteggiamento ostile e sfavorevole messo in atto in un ambiente in cui è inaccettabile esprimere liberamente le proprie opinioni o sentimenti (Hadfield e Hasson, 2010).

Il comportamento passivo-aggressivo nel lavoro

Secondo Wagner (2014), l’atteggiamento passivo-aggressivo è talmente dannoso per le aziende da causare, ogni anno, notevoli danni economici. I lavoratori che mostrano accordo e dichiarano di svolgere una mansione esclusivamente per evitare il conflitto ma che successivamente non eseguono l’attività o rallentano il lavoro, ostacolano fortemente il processo produttivo. In questo senso, la persona non si oppone all’incarico che riceve e non esprime chiaramente e onestamente il suo dissenso, anzi, evita silenziosamente un confronto oppure acconsente senza mostrare disaccordo. Quando il lavoratore assume questo atteggiamento, alcuni indicatori, si ripetono con costanza. Tra i quali: procrastinazione, dimenticanze, scarsa motivazione e orientamento all’obiettivo, ritardi nelle consegne, assenze o ritardi ripetuti, evitamento del confronto e del conflitto.

Il risultato è la lenta e graduale riduzione della produttività aziendale, a cui si associa la drastica riduzione del clima psicologico nel posto di lavoro.

Possibili soluzioni o modalità di gestione della criticità

L’onestà nell’esprimere i propri bisogni e la chiarezza nel comunicare un disaccordo è un primo passo verso l’abbandono di questo atteggiamento dannoso. Naturalmente, l’interlocutore (in questo caso l’azienda, il datore di lavoro o il responsabile delle risorse umane) deve mostrare ascolto e interesse al dialogo, pur non essendo concorde con i contenuti, al fine di fare emergere e portare alla luce i motivi di amarezza e dispiacere. La disponibilità all’ascolto permetterà di far emergere le criticità e i malumori, agevolare la conoscenza e la comprensione del personale, mostrando cosi interesse al dialogo e alla persona.

Spesso agiamo questo stile comunicativo in modo inconsapevole, senza conoscere gli effetti negativi sul contesto e sulle relazioni interpersonali e lavorative a causa dell’atteggiamento pessimistico, cinico e ostile.

Passo successivo è quello di apprendere l’assertività, competenza sociale che si concretizza “nel far sapere agli altri, in modo sicuro e diretto, che cosa si vuole e che cosa non si vuole”  (Hadfield e Hasson, 2010). Essere assertivi significa esprimere in modo chiaro ed efficace le proprie opinioni ed emozioni, senza prevaricare o essere prevaricati, riconoscendo i propri diritti e quelli altrui. Il consiglio è dunque quello di focalizzare l’attenzione sullo stato emotivo del momento (in questo caso sulla rabbia). Poi, con maggiore consepevolezza, agire attraverso modalità comunicative più adeguate in base al contesto relazionale e all’obiettivo dell’interazione, con onestà e rispetto dell’ambiente e dell’interlocutore.

4 consigli pratici

Qui di seguito alcuni consigli per prevenire e gestire questo atteggiamento dannoso.

  1. Facilitare la presa di consapevolezza di se stessi, delle proprie modalità di comunicazione e del contesto di vita e di lavoro.
  2. Assumere un atteggiamento di ascolto nei confronti dei lavoratori che mettono in atto un comportamento passivo-aggressivo, al fine di milgiorare la relazione e il dialogo.
  3. Programmare dei momenti di incontro per far emergere le criticità e i problemi vissuti nell’ambiente di lavoro.
  4. Proporre un training per lo sviluppo delle capacità relazionali, con particolare riferimento alla competenza assertiva.

Conclusioni

Il sostegno psicologico e la formazione professionale rappresentano importanti possibilità di prevenzione e di riduzione di atteggiamenti ostili e negativi nei luoghi di lavoro. La progettazione di percorsi concreti di sviluppo personale e professionale, con il sostegno di psicologi, possono determinare l’apprendimento di nuove modalità comportamentali e comunicative più funzionali ed efficaci a favore del benessere del lavoratore e della produttività dell’organizzazione.

In questo senso, l’ascolto, il rispetto e la responsabilità sono le direzioni da intraprendere a favore del benessere lavorativo.

Potrebbe interessarti anche Rabbia al lavoro. Imparare a gestirla per avere il controllo in ogni situazione.

Bibliografia

Baggio, Francesca (2013) Assertività e training assertivo. Teoria e pratica per migliorare le capacità relazionali dei pazienti. Franco Angeli, Milano.

Bonizzato, Alberto (2016) Emozioni e felicità. Sprint edizioni.

Fogli, Antonio (2015) La comunicazione interna alle imprese e alle organizzazioni. Franco Angeli, Milano.

Hadfield, Sue e Hasson, Gill (2010) Come essere assertivi. Franco Angeli, Milano.

Pagni, Margherita (2008) La comunicazione autentica. Apogeo, Milano.

Wagner, Abe (2014) Il manager transazionale. Franco Angeli, Milano.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Nome *
Email *