Biblioterapia e Harry Potter. Le chiavi psicologiche nascoste nella saga di J.K. Rowling.

Le parole sono, per la mia opinione non tanto umile, la nostra fonte di magia più inesauribile, capace sia di ferire che di curare.
Albus Silente.

La biblioterapia è nata all’inizio del 900, anche se in Italia è ancora poco esplorata. Si tratta di un metodo attraverso il quale la lettura diventa un canale per esplorare se stessi, accrescere la propria autostima e migliorare le proprie capacità di problem solving.

Può essere praticata da soli, con il proprio terapeuta e anche in contesti di gruppo come quello aziendale. Permette di prendere contatto con la propria ansia, con la propria tristezza e con la propria rabbia, dando voce e valore a come ci sentiamo.

Inoltre, diversi studi dimostrano come leggere un libro cambi la struttura del cervello e ci aiuti a pensare meglio.

I libri, infatti, sono strutturati da tre parti, un inizio, uno sviluppo e una conclusione: ciò abitua la nostra mente a pensare in sequenza e a sviluppare la zona del linguaggio.

Non meno importante, la lettura ci permette di evadere, conoscere ed affrontare i secoli bui. Proprio come Hermione, strega dotata di una straordinaria intelligenza e con la passione per i libri, possiamo rifugiarci nel nostro luogo sicuro fatto di storie e di “profumo di carta e di magia” che, per citare lo scrittore Zafon, “inspiegabilmente a nessuno è ancora venuto in mente di imbottigliare”.

Biblioterapia applicata: la saga di Harry Potter

Prima, seconda, terza ondata: è stato per tutti un anno difficile, in cui colui che non deve essere nominato ha fatto più volte ritorno.

Abbiamo parlato di resilienza, abbiamo utilizzato le nostre migliori strategie di coping e adesso parliamo di incantesimi: sì, avete capito bene, di incantesimi. E anche di pozioni.

Con l’articolo di oggi, vogliamo raggiungere due obiettivi. Il primo, è quello di rileggere in chiave psicologica una serie di romanzi che tanti di noi hanno divorato. Il secondo, è quello di stimolare la curiosità di chi non ha mai letto Harry Potter o lo considera “solo un romanzo per bambini”.

Perché Harry Potter ci può aiutare a lavorare meglio, basta riuscire ad usare gli incantesimi giusti. Infatti, leggere la saga della Rowling non solo ci permette di riflettere su tematiche sociali, culturali e psicologiche, ma anche di migliorare noi stessi ed individuare quali sono i nostri valori e i relativi obiettivi che ci poniamo.

Cosa non deve mancare nel nostro baule da mago.

Vediamo ora quali oggetti ed incantesimi possiamo inserire nella nostra cassetta degli attrezzi per renderci più efficaci e più soddisfatti del nostro lavoro.

Lo Specchio delle Brame.

In Harry Potter e la pietra filosofale, rimaniamo teneramente commossi dall’immagine di Harry nello Specchio delle Brame in compagnia dei suoi genitori e sorridiamo all’immagine di Ron capitano della squadra di Quidditch.

Lo specchio ci fa vedere chi vogliamo essere e ciò, seppur apparentemente banale, è importantissimo per fornire le basi per l’efficacia di ogni incantesimo successivo: ci siamo mai chiesti quali sono i nostri obiettivi, se siamo soddisfatti del nostro lavoro, del nostro ruolo e come ci vediamo nel futuro?

Fermiamoci ed entriamo in contatto con la persona che desideriamo diventare: lo posso fare guardandomi allo specchio, scrivendo una lettera a me stesso o attraverso un disegno, se ho delle buone capacità artistiche.

L’incantesimo Ridiculus.

In Harry Potter e il prigioniero di Azkaban, il professor Lupin fornisce ai suoi studenti un prezioso insegnamento: quando una situazione o una persona ti spaventa, rendila divertente e assurda ai tuoi occhi.

Posso sentirmi paralizzato all’idea di fare la mia presentazione davanti ad un gruppo di persone, iniziare a balbettare di fronte ad un collega aggressivo, sentirmi con la “mente vuota” quando devo interagire con il capo. E posso aver avuto un amico che mi ha detto semplicemente di “stare calmo” e di immaginarmi la platea in una situazione ridicola.

Sì, a volte può anche funzionare, ma l’incantesimo Ridiculus è molto di più: in psicologia lo chiameremmo defusione.

Noi non siamo i nostri pensieri e soprattutto i nostri pensieri non sono la realtà: i pensieri che facciamo su noi stessi e gli altri, giusti o sbagliati che siano, sono un filtro che applichiamo a ciò che ci circonda e ci influenza nel prendere decisioni e nel saper trovare soluzioni alternative.

Imparare la pratica della defusione, ci permette di guardare i nostri pensieri e dare lo spazio che meritano, ma anche di accettare che nessun pensiero, anche il più terribile, rappresenta una minaccia reale.

Come Lupin chiede ai Grifondoro, posso imparare a guardare i pensieri dalla giusta distanza, a giocarci considerandoli per quello che sono: ossia “solo” pensieri, ingombranti e fastidiosi, ma solo pensieri.

Il pensatoio di Silente.

Immagazziniamo i nostri ricordi in album fotografici, post sui social, pagine di diario e, se non siamo Babbani, nel Pensatoio, l’affascinante oggetto che Silente ci fa conoscere in Harry Potter e il Calice di Fuoco.

Può essere piacevole o doloroso fare un tuffo nei ricordi, ma imparare a rivedere quanto è successo è un ottimo esercizio di autosservazione. In seduta, spesso lo psicologo rilegge con il paziente un episodio guardandolo in moviola, focalizzandosi sulle sensazioni, le emozioni e i pensieri che a volte non sono neanche così consapevoli.

Proviamo a ripercorrere quanto ci è successo sul lavoro portando la nostra attenzione su come ci sentivamo, quali pensieri abbiamo fatto su noi stessi e come abbiamo risposto agli stimoli esterni.

Ciò non solo permette di rielaborare le emozioni provate e le sensazioni spiacevoli, ma anche di comprendere meglio se stessi e di come i nostri comportamenti elicitano particolari reazioni in noi e negli altri.

Così la riunione andata male o la lite apparentemente immotivata con il collega assumeranno significati più profondi che ci consentiranno di imparare dall’esperienza e di poter scegliere di agire diversamente in situazioni future.

Una pozione di fortuna liquida.

E’ capitato a tutti, almeno una volta nella vita, di sentirsi come Ron alla sua prima partita di Quiddicth in Harry Potter e il Principe Mezzosangue: cosa permette al migliore amico di Harry di superare le sue paure e di portare i Grifondoro alla vittoria?

L’autoefficacia: il credere fermamente in se stessi e nella possibilità di raggiungere gli obiettivi che ci si pone.

Una volta che ho individuato chi voglio essere guardandomi nello Specchio delle Brame, ho imparato a gestire le situazioni e i miei pensieri a bacchettate di “Ridiculus” e mi sono osservato nel Pensatoio, non mi resta che essere consapevole delle mie risorse e di dove posso arrivare.

Non si tratta di peccare di presunzione, ma di essere dotati di una buona autostima e di saper riconoscere le proprie potenzialità.

Nel tuo percorso lavorativo, ti capiterà di sbagliare e di sentirti inadeguato, ma ciò non ti rende una persona meno efficace: se ti senti sempre eccessivamente in colpa nel momento in cui deludi le tue aspettative o quelle degli altri, potresti rientrare in quello che dagli studiosi è stato chiamato Dobby Effect.

Come il leale elfo amico di Harry Potter, che si punisce quando fa qualcosa che potrebbe essere ritenuto sbagliato dai suoi padroni, anche l’auto rimproverarsi eccessivamente diventa una forma di punizione, che amplifica il senso di colpa senza lasciare spazio alla rilettura di quanto accaduto e alla possibilità di recuperare.

Possedere un buon senso di autoefficacia ci permette di prendere consapevolezza delle nostre debolezze senza farci sovrastare e di riuscire a padroneggiare ciò che ci troviamo ad affrontare.

Per concludere

Ci eravamo posti due obiettivi: il primo, illustrare brevemente come la lettura possa diventare un efficace mezzo per aprire degli spazi di riflessione su se stessi e sui propri comportamenti; il secondo, avvicinare i non Potteriani al mondo creato dalla Rowling, con l’idea di poter trovare delle interessanti strategie da mettere in pratica nella propria quotidianità.

Non dimentichiamo però che il potere catartico della lettura a volte non basta. Se pensi infatti di avere bisogno di un aiuto specialistico, non esitare a crearti la tua Stanza delle Necessità, in cui un professionista della salute possano accompagnarti nel viaggio che porta alla scoperta di te stesso.

Potrebbe interessarti anche Autostima al lavoro. Perché (e come) credere in se stessi migliora le performance.

Bibliografia

K Rowling. Harry Potter e la pietra filosofale.

K Rowling. Harry Potter e la camera dei segreti.

K Rowling. Harry Potter e il prigioniero di Azkaban.

K Rowling. Harry Potter e il calice di fuoco.

K Rowling. Harry Potter e l’Ordine della Fenice.

K Rowling. Harry Potter e il principe mezzosangue.

K Rowling. Harry Potter e i Doni della Morte.

Janina Scarlet. Harry Potter Therapy: An Unauthorized Self-Help Book from the Restricted Section.

Thomas Morris. Se Harry Potter fosse a capo della General Electric. Come diventare un mago della leadership.

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