Appreciative Inquiry è una metodologia di lavoro innovativa, che si focalizza su quanto di efficiente e funzionante già esiste all’interno di un’organizzazione, favorendo così lo sviluppo della stessa. L’elemento di novità che assicura il grande successo di questo approccio è il superamento del concetto tradizionale del problem solving.
Come possiamo rendere il cambiamento meno stressante e generare un clima emotivo positivo in azienda? Come possiamo garantire che il modo in cui gestiamo, il modo in cui coinvolgiamo le persone nel cambiamento e persino il processo di raccolta di informazioni promuova il coinvolgimento?
Con tale approccio non ci si focalizza sul problema, ma sulle migliori aspettative possibili, fondandole sul positivo già esistente. Gli individui sviluppano così al meglio le loro capacità in un clima di fiducia e di apertura: condizioni essenziali per garantire una visione comune all’interno dell’organizzazione stessa ed una maggiore produttività.
Negli anni ’80, negli Stati Uniti, grazie al lavoro del prof. David Cooperrider, si è cominciato a generare un vero e proprio cambio di paradigma, un nuovo approccio focalizzando l’attenzione su quanto già funziona, su ciò che è efficace e mobilizzante nella direzione della mission e degli obiettivi dell’organizzazione.
Durante i suoi studi era emerso, appunto, come un uso eccessivo del modello del “Problem Solving” spesso frenasse l’analisi e la comprensione della situazione e focalizzasse l’attenzione solo sui problemi, limitando così l’opportunità di nuove “visioni” e nuove “aperture” su modelli organizzativi ottimali.
Infatti, il fondamento teorico dell’Appreciative Inquiry è che ogni azienda ha qualcosa che funziona bene, che è efficace e che gli garantisce il successo.
Le aziende di solito si concentrano su ciò che non funziona e adottano le mentalità della “causa principale”, solo per trovarsi di fronte a una serie di domande diverse, ma correlate lungo la stessa linea.
Domande come “Come possiamo correggere la mancanza di coinvolgimento?” “Cosa possiamo fare davanti alla scarsa motivazione?” “Perché le persone non ci seguono?”
La metodologia vanta ormai trent’anni di utilizzo consolidato e di successo. E’ un processo estremamente efficiente per la guida di svariate tipologie di progetti, dal lancio di nuovi prodotti alla start up di nuovi progetti, dalla necessità di un migliore posizionamento di mercato all’aumento del fatturato, dalla ricerca di nuovi modelli alla gestione del cambiamento, dal team building all’empowerment.
Potrebbe interessarti anche Empowerment. Un modello imprescindibile per il miglioramento di ogni organizzazione.
Per essere efficace, ogni intervento di Appreciative Inquiry deve essere proposto e condotto da persone esperte e qualificate.
Le emozioni positive hanno benefici di fondo, perché migliorano le nostre capacità. Quando stiamo bene possiamo pensare in modo più strategico, apprendiamo più velocemente, siamo più creativi, prendiamo le decisioni più velocemente, ci riprendiamo più rapidamente dalle battute d’arresto e anche la nostra salute migliora.
Sono cinque i principi dell’Appreciative Inquiry che aiutano a comprendere come raggiungere nuovi livelli di performance.
La prima fase è la “scoperta”. In linea di principio ognuno può partecipare all’intervista, la rilevazione consente di ricostruire la cultura organizzativa e l’orientamento che le persone hanno verso di sé, verso gli altri e verso il loro lavoro.
La seconda è il sogno ed è finalizzato a rilevare il sistema in modo da spostarlo dallo status quo ad una nuova visione vitale del futuro. Gli strumenti usati sono interviste e storie. Le narrazioni raccolte costituiscono il punto di partenza per visioni del futuro organizzativo e sono la base per la co-progettazione delle attività e dei processi organizzativi che conducono verso prospettive di miglioramento.
La terza fase è il design e si interroga sul modo di progettare l’organizzazione per massimizzare le qualità positive chiave e indirizzare verso la realizzazione dei sogni. Si indaga inoltre sui modi in cui l’organizzazione può supportare gli interessi di tutti dalle persone, all’ambiente oltre che al profitto.
L’ultima fase è la realizzazione, la concretizzazione operativa dove si definiscono le finalità e le misure necessarie al raggiungimento degli obiettivi e le azioni concrete da svolgere.
L’Appreciative Inquiry parte dal presupposto che è l’uso che facciamo del linguaggio a determinare la nostra percezione della realtà lavorativa quotidiana. Focalizzando diversamente l’attenzione dei gruppi di lavoro e spostandola dalla diagnosi alla progettazione, dalla critica al sogno, dalla negazione alla scoperta, dal problem solving all’apprezzamento di tutto ciò che è positivo, l’appreciative inquiry amplifica la potenza creativa delle conversazioni rendendole un concreto driver di trasformazione organizzativa.
Quindi, come puoi applicare tale approccio nella tua organizzazione o con il tuo team? Poni sicuramente domande su cosa sta funzionando bene. Cattura quanti più dettagli possibili in modo da arrivare al nocciolo del perché qualcosa ha successo.
Mi piace concludere con una frase inserita nel libro di D. Cooperrieder “L’Appreciative Inquiry è la filosofia che ci consente di coinvolgere i cuori, le menti e le anime di tutto il nostro personale. Solo quando lo faremo, raggiungeremo prestazioni rivoluzionarie “.
(Cindy Frick, Vicepresidente Sviluppo organizzativo e Pianificazione risorse umane Roadway Express).
D. Cooperrider e D. Whitney, Appreciative Inquiry: A Positive Revolution in Change. Berret-Koehler
B. L. Fredrickson, The value of positive emotions.
T. Ghaye, Teaching and Learning through Critical Reflective Practice. Routledge.
Introduction to Appreciative Inquiry