L’uomo è un essere naturalmente sociale ed incline a stabilire relazioni soddisfacenti e stabili. La capacità di sentire un sentimento di appartenenza ad un gruppo sociale è una delle funzioni fondamentali della personalità normale (Livesley, Lang 2000). Tuttavia vi sono alcune persone che hanno difficoltà nelle relazioni sociali e faticano a costruire dei rapporti intimi con le persone. Gli psicologi identificano queste problematiche nell’area dell’ansia sociale. L’ansia sociale va distinta dalla timidezza anche se questa distinzione non è semplice. Per semplificare possiamo dire che l’ansia sociale (o fobia sociale) causa una compromissione nella vita delle persone molto più marcata rispetto alla timidezza.
La fobia sociale è una condizione di sofferenza soggettiva caratterizzata, sul piano emotivo da paura e irrequietezza, di solito associate ad un’attivazione neurovegetativa (tremori, rossore, tachicardia, dispnea, vertigini, etc…) e da un timore marcato e persistente di una situazione sociale in cui si è esposti al possibile giudizio degli altri (Jefferson, 2001).
La fobia sociale è una patologia che può avere diversi livelli di gravità e si caratterizza per una eccessiva sensibilità al giudizio altrui, un forte senso di inadeguatezza nelle situazioni sociali che può riguardare solo alcuni ambiti (ad esempio quello lavorativo) o diverse situazioni sociali. Alcuni psicologi hanno sottolineato che le persone affette da fobia sociale è come se si sentissero sempre in competizione nelle relazioni sociali, come se dovessero sempre sostenere un’esame ed essere giudicate (Gilbert e Trower, 1990). A livello cognitivo, i fobici sociali sono caratterizzati dall’essere molto critici verso se stessi e si percepiscono deboli ed incompetenti mentre l’altro è visto come abile, superiore e competente. Sul piano comportamentale, il fobico sociale per sottrarsi all’ansia dell’affrontare la situazione temuta mette in atto l’evitamento. Piuttosto che esporsi alla situazione temuta la evita, strategia che nell’immediato provoca sollievo ma che a lungo andare contribuisce a mantenere il disturbo e compromette la vita dell’individuo.
La fobia sociale ha un’origine multifattoriale. E’ stato visto che vi è una predisposizione genetica accompagnata spesso da problematiche nelle relazioni con le figure genitoriali o esperienze traumatiche. Inoltre, vi sono dei processi cognitivi tipici che vengono attivati allo scopo di fronteggiare le situazioni sociali che provocano timore (ad esempio processi di ragionamento, di pensiero, di attenzione, di memoria e comportamentali) che mantengono ed alimentano tali disturbi. Indipendentemente dalle cause del disturbo c’è da dire che la fobia sociale può causare molta sofferenza e compromettere la qualità di vita di chi ne è affetto.
Secondo una ricerca condotta su un campione di cittadini britannici dalla scuola di teatro Stagecoach Theatre Arts School il 41% delle persone fatica a fare delle presentazioni o a guidare delle riunioni. Un altro 40% si ritiene troppo timido per parlare nelle riunioni. Il 34% delle persone sostiene di non avere coraggio di chiedere al proprio capo un aumento di stipendio, mentre un altro 29% si sente troppo timido per andare a promuovere la propria attività. Anche trovare un lavoro si rivela difficile per alcuni. Il 29% dice che fatica molto per ottenere un colloquio di lavoro, in cui spesso non riesce neanche a parlare. ll 28% evita di portare avanti le discussioni con un collega sul posto di lavoro, perché si sente troppo timido. L’ambito lavorativo in effetti può essere fortemente compromesso dalla fobia sociale e chi soffre di questo disturbo può avere difficoltà nel fare carriera, nel trovare e mantenere un posto di lavoro.
La capacità di entrare in relazione con gli altri è una competenza fondamentale nel lavoro e favorisce il successo. I fobici sociali possono affrontare problemi specifici sul posto di lavoro, tra i quali:
Tutto questo non deve spaventare perchè l’ansia sociale si può affrontare e non è necessariamente un impedimento nel raggiungimento del successo lavorativo. Piuttosto rendersi conto di avere un problema di ansia sociale e decidere di affrontarlo è un primo passo per superarlo.
E’ bene sottolineare che l’ansia sociale è una patologia psichiatrica e per affrontarla e superarla è opportuno intraprendere un percorso di psicoterapia con uno psicoterapeuta, ma nei casi più gravi è necessario rivolgersi ad un medico psichiatra.
Tuttavia ho pensato di fornirvi dei suggerimenti e consigli che possono essere utili per iniziare ad affrontare da soli questa problematica.
Solitamente chi soffre di fobia sociale è focalizzato su sé stesso, sulle proprie emozioni e sensazioni corporee e utilizza tali informazioni come conferma di trovarsi in una situazione di pericolo. Nelle situazioni sociali i fobici tendono a non distinguere tra sensazioni e realtà cioè quello che provano corrisponde alla realtà. Se sento paura vuol dire che la situazione è minacciosa. Il fobico può essere concentrato per esempio sul rossore e la sudorazione ritenendo che anche i suoi interlocutori lo siano ed essendo focalizzato su questo si vergogna e ciò aumenta ancora di più l’attivazione fisiologica. Può essere utile nelle situazioni sociali temute concentrarsi sugli altri piuttosto che su se stessi. Anziché focalizzarsi sul fatto che si sta arrossendo, sulla sensazione di essere impacciato, sulla vergogna si può provare a concentrarsi sul proprio interlocutore, su quello che dice, su un particolare del suo volto, sul suo vestito etc.
I fobici sociali hanno la convinzione di dover controllare l’ansia e l’idea che gli altri non provino mai ansia o comunque non ne risentano, ma questo non corrisponde alla realtà. Inoltre, i fobici ritengono che la propria ansia sia incontrollata a causa della propria inadeguatezza e questo non fa altro che aumentare la sensazione di inadeguatezza. Una delle emozioni più difficili da gestire per il fobico sociale è la vergogna. Nello specifico si vergogna di vergognarsi poiché ritiene che gli altri lo notino e lo giudichino negativamente. Le emozioni sono naturali e provare vergogna in alcune situazioni è normale. Tutti proviamo vergogna, non è sicuramente piacevole ma voler evitare di provarla peggiora la situazione. E’ necessario accettare e correre il rischio di provare vergogna in alcune situazioni. Tu cosa pensi se vedi una persona che si vergogna?
I fobici sociali si sentono incompetenti socialmente e spesso effettivamente lo sono in quanto la tendenza ad evitare le situazioni sociali può aver impedito lo sviluppo di adeguate competenze sociali.
In ambito clinico esistono dei gruppi che si chiamano social skills training ed hanno l’obiettivo di intervenire sulle carenze nelle abilità sociali. In ambito lavorativo si possono frequentare corsi offerti dalle aziende come il public speaking, l’assertività, la comunicazione efficace, la gestione delle emozioni, etc. Anche fare dei corsi di teatro può essere molto utile per migliorare le competenze sociali e la paura di esporsi.
Se si sta cercando un nuovo lavoro può essere ad esempio utile prepararsi per il colloquio chiedendo magari ad un amico di farci da finto intervistatore. A lavoro si può provare a costruire una relazione coi colleghi salutandoli quando li si incontra scambiando qualche battuta durante il pranzo, in ascensore o alla macchinetta del caffè. Non è importante dire la cosa giusta, è più importante essere presente e non nascondersi. E’ bene non evitare il proprio capo ma parlare con lui del lavoro, ci si può esercitare prima e scrivere i punti da affrontare.
Come detto sopra, se ci si rende conto che la fobia sociale compromette la propria vita lavorativa il consiglio migliore è quello di rivolgersi ad un terapeuta esperto in disturbi d’ansia.
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Gilbert P., Trower P., (1990). The evolution and manifestation of social anxiety. In Crozier, W.R ( a cura di), Shyness and Embarrassment. Perspectives from Social Psychology. Cambridge University Press, Cambridge., pp. 144-177.
Jefferson J.W., (2001). Social Anxiety Disorder: More Than Just a Little Shyness. Prim Care Companion J Clin Psychiatry. Feb; 3(1): 4–9.
Livesley W.J., Jang K. (2000). Toward an Empirically Based Classification of Personality Disorder. Journal of Personality Disorders: Vol. 14, No. 2, pp. 137-151.