L’estroversione viene oggi considerata spesso come lo standard ideale della vita. La nostra, infatti, è una società molto spettacolarizzata dove la competizione, l’immediatezza, la performance e l’esibizionismo vengono proposti come modelli desiderabili. Spesso gli introversi nascono e crescono credendo di dover diventare più estroversi, sentendosi mai all’altezza dello standard.
Ancora oggi nelle scuole, nei luoghi di lavoro e, spesso, anche nelle nostre famiglie ci viene detto che essere un introverso è sbagliato.
Fortunatamente negli ultimi anni l’introversione ha iniziato a essere vista come un’opportunità e non come un limite. Grazie a molti studi e pubblicazioni che hanno portato alla luce le caratteristiche positive di questa tipologia di persone.
L’asse “introversione-estroversione” definisce il tratto forse più importante della personalità di ciascuno di noi ed è il modo unico e speciale in cui ciascuno di noi pensa, sente, si comporta e interagisce con gli altri e con il mondo.
Tra introversione ed estroversione non c’è un’alternativa netta (completamente introverso o completamente estroverso), ma un continuum lungo il quale ciascuno di noi tende a collocarsi.
Estroversi e introversi si distinguono principalmente dal modo in cui reagiscono agli stimoli. Il motivo per cui un individuo risulta più o meno estroverso o introverso è connesso con il grado di reattività che ciascuno di noi ha agli stimoli esterni.
Possiamo definire tre differenze principali tra introversi ed estroversi:
La leadership viene ancora in gran parte legata naturalmente nella percezione comune di queste caratteristiche personali: essere veloci, orientati all’azione, non spaventati dal rischio, amanti della socializzazione e capaci di influenzare con la forza del carattere e del comportamento. E’ la leadership “carismatica”, che invece è solo una dei tanti stili di leadership e non sempre la migliore.
Gli studi rilevano che i leader estroversi migliorano le performance di gruppi “passivi” (che si limitano ad eseguire) mentre leader introversi migliorano quelle dei gruppi “propositivi” (dove i membri tendono a fare proposte e suggerimenti).
I leader per essere performanti devono necessariamente essere flessibili ed adattarsi alle situazioni, non possono permettersi di ritirarsi nella propria zona di confort di introverso o estroverso. Devono necessariamente essere ambivalenti e muoversi da un estremo all’altro dello spettro a seconda del contesto. In determinate situazioni è necessario andare contro natura (per esempio parlare in pubblico per un introverso). Ciò è possibile con l’esercizio ed è più facile se lo sforzo è necessario in quanto legato ai “core personal projects” dell’individuo.
Spesso in azienda gli introversi si sentono discriminati o sottovalutati, possono pensare che i colleghi estroversi siano migliori di loro nel sapersi “vendere” con i propri responsabili ed avere così dei percorsi di carriera più veloci e lineari.
Possono non sentirsi a proprio agio negli open space, o nelle sedute di brain-storming dove non riescono ad esprimere le proprie idee o non lo fanno in modo efficace.
Agli occhi dei responsabili che non vedono oltre le apparenze, possono sembrare persone poco entusiaste e poco motivate con dei “deficit” relazionali.
Le aziende devono riconoscere che gli introversi portano competenze distintive ai loro ruoli professionali e pertanto è loro interesse attuare una gestione ad hoc più funzionale per entrambe le parti.
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Ognuno di noi contiene dentro di sè una percentuale di introversione e una di estroversione, con un mix che rende la nostra personalità unica ed irripetibile. Conoscerci ci offre una comprensione di noi stessi ed un aiuto per muoverci con consapevolezza nelle relazioni, nel mondo del lavoro e nella vita in generale.
S. Cain, Quiet – Il potere degli introversi in un mondo che non sa smettere di parlare. Bompiani
A. Grant, Essere originali – Come gli anticonformisti cambiano il mondo. Hoepli