Per molte persone lavorare bene per un’azienda significa dire sempre “sì” a qualsiasi richiesta lavorativa o a qualsiasi parere. Gli yes man appunto, ossia quelle persone che dicono sempre e comunque di si.
Tra i dipendenti e i responsabili che ho incontrato negli anni durante la mia esperienza lavorativa, ho sentito dire spesso le seguenti frasi:
“È una delle nostre migliori collaboratrici perché dice sempre si quando le chiediamo di fare le cose.”
“Al capo piace quando siamo sempre d’accordo con lui.”
“Quando siamo in riunione mi da fastidio chi cerca sempre soluzioni alternative a quelle proposte.”
Questo atteggiamento rappresenta qualcosa di positivo solamente per l’ego del capo che ama circondarsi di yes man, ma può essere molto pericoloso per la buona gestione di un’azienda.
D’altro canto, non è neanche molto piacevole trascorrere le giornate a lottare e discutere per sostenere la validità di una tesi o a discutere e polemizzare su ogni singolo punto, ma ritrovarsi con uomini e donne sempre pronti a dire di sì può essere altrettanto frustrante e altamente nocivo.
Nell’uso più comune, l’espressione yes man viene infatti usata, con accezione spregiativa, per descrivere quelle persone tanto accondiscendenti da sfiorare il servilismo, specie nei confronti di un superiore. Si tratta di individui che, indipendentemente dalle convinzioni personali, accondiscendono a qualsiasi richiesta avanzata da un superiore (a volte anche verso gli stessi colleghi di pari livello), che non esprimono mai disaccordo, che non sollevano mai critiche o obiezioni e dicono sempre di sì.
Lo yes man, seppur scrupoloso in ciò che fa, non porta benefici all’azienda se non all’interno di un ruolo ben definito ed evidentemente limitato. Non c’è nessun valore aggiunto, cosa che è invece portato da chi riflette su ciò che gli viene ordinato e si adopera per commentare, consigliare, criticare. In questo modo il processo aziendale sicuramente rallenta, ma l’intuizione che può arrivare da un confronto comporterebbe un vantaggio per tutta l’organizzazione.
Un’azienda che può fare affidamento sulla professionalità di risorse abituate a ragionare in autonomia può sperare di superare ogni avversità e trovare le giuste soluzioni ai problemi complessi che la minacciano. L’approccio vincente è formare e abituare i dipendenti a trovare da soli le soluzioni, le alternative e a ragionare con il team per il bene aziendale. E’ anche utile sensibilizzare i responsabili della necessità e dell’utilità di avere anche il dissenso dei collaboratori e metterli nella condizione serena di discutere ciò che viene proposto. Anche se questo processo è sicuramente non semplice bisogna capirne la funzionalità ed efficacia per poterlo mettere in pratica e aspettare i suoi frutti.
Spesso diventiamo yes man per paura o per bassa autostima rischiando così di restare intrappolati in un ruolo che non è realmente funzionale per l’azienda.
La domanda che ti devi porre quando ti viene fatta una richiesta è la seguente: “Se dico di no a questa richiesta per una buona ragione, qual è il peggior risultato possibile che potrebbe accadere?” In questo modo razionalizzi e analizzi la situazione in maniera più lucida e realistica.
Se qualcuno dice “sì” a tutto, che si tratti di assumere più lavoro, eseguire una cattiva idea o ignorare un problema, la loro disonestà può danneggiare il business.
In generale, tutti odiano quel collega che, per esempio, fa durare un incontro troppo a lungo con le sue “domande” o “potenziali blocchi” .
Ma quella stessa persona che dice “No, non si può fare”, quando tutti gli altri sono d’accordo può anche guidare lontano dal disastro e portare l’azienda verso il successo.
Quando parlo di yes man in automatico mi viene in mente il film “Yes Man” e la scena del in cui Carl Allen (interpretato da Jim Carry) afferma che “il si porta sempre qualcosa di buono”. Io mi sento di ribadire che anche il dissenso può portare qualcosa di positivo e costruttivo nel lavoro e nella vita personale! Condivido pienamente invece il messaggio del film ossia che nella vita bisogna avere coraggio e non farsi bloccare dalle paure. Un invito quindi a non lasciarsi cullare dalla serenità di tutti i giorni che apparentemente non presenta pericoli ma che allo stesso tempo nega opportunità e occasioni, e questo vale per tutti yes man e non!
André Spicer, Mats Alvesson, The Stupidity Paradox: The Power and Pitfalls of Functional Stupidity at Work
Adam Grant, Essere originali
D’amato, Management 3.0. Il manifesto e le nuove competenze per un Manager