In vacanza, nei giorni di riposo, in fila, in metropolitana… ogni occasione è buona per lavorare! Ma qual è il limite che separa la dedizione per il proprio lavoro sino alla dipendenza vera e propria?
Impegno e costanza portano sicuramente riconoscimenti in ambito lavorativo, ma se esasperati, possono sfociare in una vera e propria ossessione: uno stato patologico che distrugge la vita del soggetto e delle persone che gli sono accanto. Questo tipo di disturbo (workaholism) colpisce tutti indipendentemente dal sesso e dalla professione svolta e le nuove tecnologie sono un aiuto nell’assecondarlo. L’innovazione tecnologica sembra, oggi più che mai, svolgere un ruolo determinante: infatti, l’avvento di Internet, delle e-mail, degli smartphone, dei tablet e degli svariati dispositivi portatili di cui possiamo usufruire, ha cancellato i fisiologici confini tra sfera professionale e sfera privata, determinando una sorta di “invasione” del lavoro in spazi e tempi precedentemente dedicati ad altro.
Workaholism è un termine che è stato coniato nel 1971 dallo psicologo Wayne Oates nel libro “Confessions of a Workhaolic: The Facts about Work Addiction”. Il termine Workaholic indica un soggetto il cui comportamento compulsivo nei confronti del lavoro è analogo a quello dell’alcolista nei confronti dell’alcol.
In senso generale, il workaholism ha in comune con le dipendenze psicologiche tre caratteristiche fondamentali.
La prima è l’ossessività, cioè la tendenza a pensare al lavoro, ai compiti già svolti o a quelli ancora da svolgere. Questi pensieri possono accompagnarsi ad apprensione o ansietà. Il secondo elemento è l’impulsività, che comporta l’emergere di stati di nervosismo, irritabilità, agitazione psicomotoria o comportamenti aggressivi. Inoltre la condotta impulsiva limita la capacità del soggetto nel regolare se stesso in tutte le situazioni di vita. Per terzo, si deve notare la presenza della compulsività, il che significa che la persona soprattutto agisce, non considerando le conseguenze che le sue azioni possono produrre.
Questa dipendenza è in realtà socialmente accettata, è una dipendenza difficile da diagnosticare, in quanto riguarda il lavoro, un’attività necessaria per vivere e anche un mezzo di affermazione nel sociale, che assegna uno status. A differenza delle altre forme di dipendenza, la dipendenza dal lavoro non porta benefici immediati, il lavoro richiede anzi uno sforzo, ma si instaura a partire da ricompense secondarie, il piacere indiretto dell’azione lavorativa protratta e ripetuta.
Sono state individuate tre fasi nel percorso di un atteggiamento da normale a patologico verso il lavoro:
Il workaholic presenta questi sintomi:
La workaholism provoca effetti gravi che non interessano solo la vita lavorativa. Da un punto di vista psicologico si registrano forte ansia, atteggiamento ossessivo-compulsivo, disturbi del sonno e perfezionismo maniacale.
Col tempo insorgono problematiche fisiche come disturbi cardiocircolatori, emicrania, problemi a livello muscolare e gastrointestinale. Non è insolito l’uso di sostanze psicoattive per reggere ai ritmi autoimposti, aggiungendo al quadro anche una dipendenza classica.
Infine, ci sono le conseguenze a livello relazionale: isolamento, scarsa affettività, atteggiamento sprezzante.
Uno delle questioni più difficili nell’affrontare questa dipendenza è che il duro lavoro dei workaholics è spesso visto in modo positivo, soprattutto dai proprio superiori, e quindi ottengono premi e riconoscimenti per questo. Fortunatamente, molte persone nelle organizzazioni aziendali stanno imparando a riconoscere i segni della dipendenza dal lavoro e a rendersi conto che, questa dipendenza fa male al livello di performance della persona: i vantaggi percepiti sono, quindi, spesso solo temporanei.
Nell’ambiente di lavoro, infatti, la presenza di un workaholic può essere estremamente gravosa nel caso in cui egli sia collocato in un ruolo manageriale, in quanto ci si aspetta dagli altri le proprie stesse elevate prestazioni. Possono emergere stili di management negativi, centrati sull’autoritarismo, sul controllo e sull’esercizio della pressione costante.
Come per tutte le dipendenze, il passo più difficile è ammettere a se stessi che si ha un problema.
Ed ecco qualche piccolo suggerimento per cercare di non cadere nella spirale del workaholism.