Nelle consulenze a sostegno della genitorialità durante il lockdown, ho potuto constatare come i genitori di bambini principalmente dai 4 anni in su abbiano manifestato maggiori timori di una possibile dipendenza da videogiochi. Ovviamente in una circostanza straordinaria come quella che abbiamo vissuto è stato normale e naturale per i bambini e i ragazzi in generale (oltre che per qualche genitore ma è un altro discorso!) rifugiarsi e passare più ore del solito davanti ad un video gioco. A ciò si aggiunge che spesso la finalità dei videogames è quella di uccidere, combattere, distruggere… Elementi che aggiungono ansia ai genitori!
Con la scrittura di questo articolo voglio dare per quanto possibile una visuale più ampia di che cosa rappresenti per le persone il videogioco nelle sue accezioni anche positive. Voglio sfatare qualche mito su di esso sottolineando come sia un fenomeno davvero complesso.
Riflettiamo su ciò che evoca il videogioco e sulle rappresentazioni mentali cui esso è tradizionalmente associato. Chiunque ha infatti una sua idea di videogioco. Tra di esse, accanto alle visioni entusiastiche, le più radicate assumono un’accezione in qualche modo negativa e preoccupata. La tecnologia talvolta ci appare come una droga sintetica, una sostanza capace di alterare la percezione della realtà o di condizionare i nostri comportamenti (Andreoletti, 2000).
Di seguito le rappresentazioni a sfondo negativo maggiormente condivise.
Per rassenerarci, non dobbiamo scordarci dell’altro lato della medaglia. Per esempio l’incidenza che il videogioco ha sul comportamento può essere indirizzata anche alla luce di obiettivi pedagogici e formativi, proponendo modelli positivi e orientati ad una sana pro socialità. Inoltre, difficilmente oggi il videogioco isola.
Nelle sue espressioni più moderne i videogiochi promuovono la socialità e proprio in certi casi si basano su di essa. Ma anche se si gioca da soli, quando per esempio si va a scuola o si incontrano gli amici si parla delle imprese virtuali e questo influenza significatamente il proprio status all’interno del gruppo sociale.
Potenzialmente, qualunque cosa che facciamo può influenzare il nostro cervello, il nostro comportamento e le nostre emozioni. Eppure in molti credono che i prodotti realizzati al solo scopo di intrattenere e divertire, non incidano psicologicamente su chi ne usufruisce. In realtà è l’opposto!
Tutto ciò che facciamo o usiamo ha un effetto su di noi, desideriamo che il videogioco ci stimoli, ci entusiasmi, e ci emozioni, anche se lo si utilizza per puro gioco e divertimento.
L’idea spesso condivisa è che la fruizione di media violenti sia la causa principale dell’aggressività dei bambini e adolescenti e che i videogiochi violenti debbano essere aboliti.
L’aggressività è un fenomeno complesso: i fattori di rischio sono tantissimi e i videogiochi violenti non sono di certo il principale. Nessuno, nel mondo della ricerca scientifica, ha mai affermato che i videogiochi violenti possano incidere sullo sviluppo dell’aggressività più di quanto possano farlo una storia di abusi sessuali, una condizione di povertà o un atto di bullismo. Non solo, parlare dei videogiochi come un fattore di rischio per l’insorgenza di comportamenti di rischio, non significa dire che essi siano la causa principale per esempio di una sparatoria in una scuola.
L’impiego di videogiochi da una parte può essere associato ad un potenziale rischio di essere coinvolti in comportamenti aggressivi. Dall’altra la loro insorgenza si deve all’interazione di aspetti diversi tra loro e alla presenza di pochi fattori di protezione. Tra i principali fattori di rischio è sicuramente uno di quelli facilmente controllabile.
Le ricerche di Unsworth, Devily e Ward (2007) riportano come dato che sperimentare situazioni violente nel mondo virtuale, consente di sfogare eventuali istinti aggressivi così da sentirsi portati ad evitarli nella vita reale. Allo stesso tempo, per quanto riguarda i bambini, viene riconosciuta grande importanza alla mediazione di figure di riferimento (genitori ed educatori) nella fruizione dei contenuti violenti, perché i piccoli giocatori possano comprenderne la portata e sviluppare il proprio giudizio morale, proprio partendo da queste situazioni controllate.
Il genitore se sa quale videogioco sta utilizzando il figlio, verifica di tanto in tanto gli effetti del gioco su di lui e monitora i tempi di utilzzo, può stare sereno e interessarsi all’esperienza da lui vissuta. Dimostrare interesse alle attività ludiche del proprio figlio aiuta a rafforzare la relazione con esso. Si possono fare semplici domande inerenti il videogioco stesso, come per esempio il suo scopo, sapere come si gioca o a che punto sia arrivato. Mi rivolgo ai genitori che non approvano che i propri figli utilizzino i videogames: è importante e fondamentale non tagliare i ponti della comunicazione sugli interessi dei propri figli! Forse da oggi con la lettura di questo articolo capiamo che si può anche vedere il videogioco in chiave più positiva, d’altronde il videogioco è prima di ogni altra cosa un gioco a tutti gli effetti!
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Andreoletti, M., Realtà virtuale. Vita e pensiero.
Triberti S., Argenton L., Psicologia dei videogiochi. Maggioli editore.