In queste settimane abbiamo vissuto un evento unico per tutti noi: la quarantena e l’isolamento. Fino a due mesi fa stavamo vivendo la nostra vita “normale” e ad un certo punto abbiamo dovuto cambiare la nostra routine e quotidianità per contenere gli effetti del coronavirus. I primi a cambiarla radicalmente sono stati i bambini che hanno interrotto l’attività all’asilo o a scuola, da un giorno all’altro, senza preavviso, senza neanche il tempo di salutare maestre e compagni e tanto meno avere il tempo di riflettere. Adesso è iniziata la cosiddetta “fase 2” in cui pian piano inizieremo nuovamente a svolgere alcune attività fuori della nostra casa.
Non dobbiamo abbassare la guardia e affrontare questa fase con un’attenzione particolare sui nostri bambini e sulle loro risposte emotive. Dobbiamo gestire un lento ritorno alla normalità che per forza di cose non sarà più come prima. E queste nuove rinunce potrebbero avere un impatto sui più piccoli che vedranno rivoluzionate per la seconda volta in due mesi le loro vite.
Purtroppo in Cina, il Paese che ha passato prima di noi la quarantena, non sono stati fatti degli studi sugli effetti della stessa sui bambini nel breve e nel lungo periodo. Pertanto posso solo citare degli studi che sono avvenuti a seguito dell’epidemia Sars e di fenomeni naturali. Inoltre, citerò gli esiti di una indagine qualitativa svolta in Sardegna per comprendere gli aspetti emotivi comportamentali che hanno avuto i bambini durante il periodo di quarantena.
Il trauma, anche nei casi di disastri naturali, è un concetto prevalentemente relazionale determinato dall’interazione di più fattori tra cui:
Le ricerche scientifiche evidenziano, infatti, come l’esposizione ai disastri naturali sia associata all’aumento di rischio di sviluppare il disturbo da stress post-traumatico (DPTS), il disturbo depressivo, i disturbi d’ansia, i disturbi del sonno e da abuso di sostanze.
Anche per quanto riguarda i bambini la quarantena e l’isolamento, possono avere effetti traumatizzanti e duraturi anche nel post quarantena. Sprang e Silman hanno studiato le risposte psicosociali dei bambini e dei loro genitori alla Sars. I due ricercatori hanno rilevato che i punteggi medi di stress post-traumatico erano quattro volte più alti nei bambini che erano stati messi in quarantena rispetto a quelli che non avevano subito la stessa restrizione. Dyb, Jensen e Nygaard, in uno studio sugli effetti del disastro dello tsunami nel sud-est asiatico nel 2004, hanno rilevato che le reazioni da disturbo post-traumatico da stress (DPTS) dei genitori hanno predetto significativamente le reazioni DPTS nei loro figli.
Il significato individuale attribuito a un evento traumatico è un mix basato sull’impatto dell’evento stesso, la storia personale, il temperamento, le strategie di coping e i fattori biologici. Queste combinazioni avranno sempre un impatto sulla salute mentale e sulla qualità di vita dei soggetti coinvolti. Nella maggiore parte della popolazione il trauma psicologico è generalmente limitato a un disturbo transitorio e acuto che si manifesta attraverso tre sintomatologie:
E’ interessante citare anche lo studio cha ha svolto l’Ifos, Centro Studi per la famiglia (Sezione Stress, Traumi e Supporto psicologico per Emergenza COVID 19) ha effettuato un’indagine su un campione di 5.989 genitori residenti nell’Isola per capire le risposte emotivo/comportamentali di bambini dai 4 ai 10 anni alla pandemia Covid-19. E’ un’interessante fotografia su come i bambini hanno affrontato la quarantena.
Emergono i seguenti dati nell’area che indaga la “regressione”: un bimbo su quattro (il 26,48%) ha voluto la mamma o il papà vicini durante la notte, e quasi uno su cinque (18,17%) ha sviluppato paure che prima non aveva mai avuto. Il 5,48% ha avuto una regressione nel linguaggio.
I dati nell’area che indaga la “protesta” hanno rilevato che: più della metà (il 53,53%) ha manifestato maggiore irritabilità, intolleranza alle regole e richieste eccessive. Un bimbo su cinque ha manifestato improvvisi cambiamenti d’umore (il 21,17%) e problemi del sonno, tra difficoltà nell’addormentarsi, agitazione e frequenti risvegli. Più di un bimbo su tre inoltre (il 34,26%) ha mostrato nervosismo quando in casa o in tv si è parlato del Coronavirus.
Ci sono anche i lati positivi, perché questa situazione può essere stata un importante percorso di crescita. Infatti nell’area che indaga l’“adattamento” emerge che quasi un bimbo su tre (31,38%) è sembrato più calmo e tranquillo, uno su due (49,57%) più saggio e riflessivo. E quasi tutti, il 92,57%, si sono adattati alle restrizioni determinate dalla pandemia, anche se il 43,26% è apparso più svogliato rispetto ad attività, come giochi e studio, che svolgeva prima dell’emergenza.
Sulla base degli studi svolti nel post “disastro” e nell’indagine sugli aspetti comportamentali della quarantena, è evidente come un buon vissuto della stessa possa sicuramente aver fatto sviluppare delle strategie di coping funzionali al superamento del “trauma”.
Di seguito dei semplici consigli che possono aiutare i genitori nella relazione con i propri figli in questo periodo di passaggio alla fase 2.
Se vuoi richiedere i consigli di un nostro esperto in supporto alla genitorialità CLICCA QUI.
Ricordiamoci che i bambini hanno necessità di soddisfare i bisogni primari: dormire, mangiare, giocare e stare con i genitori. In questo periodo storico seppur triste e drammatico su tanti punti di vista, possiamo però garantire ai nostri bambini tutto quello di cui hanno bisogno per crescere bene.
Potrebbe interessarti Generazione Alpha. Conoscere i primi veri nativi digitali.
Dyb G., Jensen T.K., Nygaard E. Children’s and Parents’ Posttraumatic Stress Reactions After the 2004 Tsunami. Child Psychol Psychiatry. Oct 16(4) 621-34
Chinese Center for Disease Control and Prevention
Sprang G., Silman M. Posttraumatic stress disorder in parents and youth after healthrelated disasters. Disaster Med Public Health Prep 2013; 7: 105-10.
Chinese Center for Disease Control and Prevention