Il nostro corpo rappresenta fin dalla nascita il primo tramite attraverso il quale conosciamo il mondo. Senza corpo, senza organi di senso non avremmo accesso a nessuna conoscenza nè su noi stessi nè sugli altri.
Husserl ci ha dimostrato che l’uomo non manifesta il suo essere soltanto attraverso le forme del pensiero, ma anche, contemporaneamente, attraverso le modalità del muoversi, del vedere, del percepire e del fare.
Quanto il corpo sia fondamentale per portare avanti la nostra conoscenza del mondo e guidare i nostri comportamenti, risulta evidente nei bambini. I bambini manipolano e osservano, toccano e gustano (mettendo in bocca ad esempio) tutto ciò che è nuovo e sconosciuto, mossi da un’innata curiosità verso ciò che non conoscono.
L’altro viene guardato, toccato e attraverso il corpo riusciamo a metterci o rimanere in contatto con l’altro. Possiamo trovare numerosi esempi di quanto il corpo sia importante anche in età adulta per metterci in collegamento con l’altro. Quando conosciamo una persona nuova, il primo gesto, quasi istintivo, è una stretta di mano; quando parliamo con una persona, se vogliamo esprimere vicinanza o rendere più efficaci le nostre parole, ci avviciniamo fisicamente all’altro o lo tocchiamo.
Il nostro corpo non è certamente una macchina e non ha carattere di oggettività. Il corpo, è un corpo soggettivamente vissuto e percepito. La psicologia si è occupata della percezione che ognuno ha del proprio corpo attraverso il concetto di immagine corporea. L’immagine corporea può essere definita come “l’immagine del nostro corpo che ci formiamo nella mente e cioè il modo in cui il nostro corpo ci appare” (Schilder,1935). Secondo Slade (1994) l’immagine corporea è costituita da diverse componenti:
In altre parole, è il modo in cui rappresentiamo mentalmente e percettivamente a noi stessi il nostro corpo ed il modo in cui pensiamo venga percepito all’esterno dagli altri. Essendo composto da schemi mentali che cambiano in relazione ai cambiamenti percepiti nel proprio corpo e all’esterno di esso, l’immagine corporea viene continuamente aggiornata dal nostro cervello. Attraverso l’elaborazione delle informazioni nuove e il loro confronto con gli schemi già esistenti, i quali sono frutto dell’incontro tra l’esperienza pregressa e la percezione che gli altri hanno di noi.
Le informazioni esterne e gli stati affettivi annessi giocano dunque un ruolo fondamentale nell’immagine corporea e possono avere un grosso impatto su di noi. Possiamo dunque lecitamente chiederci: in che modo la paura della malattia e le misure di distanziamento sociale hanno avuto un impatto su come viviamo il nostro corpo e come lo usiamo per relazionarci agli altri?
L’aspetto più allarmante e subdolo del Covid-19 è che la sua trasmissione avviene attraverso il corpo sia nostro che altrui, che diventa quindi un potenziale pericolo. Questo ci conduce dunque ad identificare il corpo come vettore di pericolo e associarlo a significati di malattia e morte.
La superficie del nostro corpo, che veicola relazione con il mondo e affettività verso gli altri, diventa dunque luogo di pericolo e contagio, pervertendo in maniera pericolosa i significati che vi si possono attribuire. Il corpo non è più luogo di vitalità (affetto e significati relazionali, conoscenza e curiosità), ma veicolo di potenziale malattia. Si pensi alle nostre mani. Le mani e la superficie del nostro corpo rappresentano il primo canale di conoscenza ed esplorazione del mondo ma oggi tutto questo non è possibile. Questo strumento di contatto con il mondo viene negato e anzi associato ad un’immagine di contaminazione (le mani devono essere sempre igienizzate e bisogna evitare in ogni modo il contatto).
Quello che infatti più ci sta facendo soffrire della diffusione del Covid-19, è l’essere costretti a un’immobilità ‘depressiva’ delle nostre vite svuotate di impegni, lo sforzo ‘dis-umano’ del rimanere in contatto con l’altro, ma senza usare il corpo.
Quanto il corpo sia sempre più spesso associato a significati di malattia e contaminazione, lo possiamo osservare nella nostra vita quotidiana. Viviamo di piccoli rituali di igienizzazione e di continuo monitoraggio dei parametri vitali (rilevazione della temperatura). Sebbene questi rappresentino la nostra unica arma di protezione contro la diffusione del virus, stanno prendendo il sopravvento rispetto ai significati altri, di cui si è discusso precedentemente. Siamo ossessivamente proiettati a controllare il nostro corpo, ma non lo possiamo usare per abbracciare, toccare e vivere il nostro rapporto con il mondo esterno. Si possono osservare per strada, persone che evitano o cambiano direzione alla vista di altre persone presenti sullo stesso marciapiede, quando anche le distanze di sicurezza sono rispettate. Per non parlare di come può cogliere di sorpresa vedere scene di film o programmi televisivi dove tali distanze non vengono mantenute, come se implicitamente insorgesse il pensiero che avvicinandosi all’altro si sta facendo qualcosa di sbagliato e pericoloso.
A fronte di questo svuotamento di significati in relazione al corpo, come possiamo comportarci?
Sono da incentivare insomma fare tutti quei comportamenti utili a ricordarci che il corpo e l’altro non sono nè malati nè pericolosi, ma un luogo di vita, relazione e affettività.
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Cozzolino, M. (2003). La comunicazione invisibile, Edizioni Carlo Amore
Schilder, P. (1935). The Image and Appearance of the Human Body, Kegan Paul, London.
Slade, P. D. (1988). Body Image in Anorexia Nervosa, British. Journal of Psychiatry, 153(2), 20-22.
Slade, P. D. (1994). What is Body Image?. Behaviour Research and Therapy, 32(5), 497-502.