La curiosità, ossia il voler capire e imparare cose nuove e avere sete di conoscenza, è una caratteristica umana spesso banalizzata ma che invece costituisce il motore dell’apprendimento e dell’evoluzione umana.
Si pone oggi sempre più come un’abilità fondamentale per chiunque voglia fare la differenza nel mondo del lavoro.
Infatti la curiosità nel mondo del lavoro costituisce un elemento fondamentale: si pensi alle straordinarie scoperte scientifiche e alle opere di ingegno realizzate grazie alla voglia di andare oltre la routine, oltre ai dati conosciuti. La curiosità, caratteristica strettamente legata alla creatività, sta alla base per ogni progresso ed innovazione poichè spinge le persone a trovare nuove soluzioni ai problemi.
Mentre chi ha maturato esperienza in azienda tende a riproporre gli stessi schemi perché nel tempo ha sempre ottenuto risultati positivi e non esce dalla routine. Certo, l’esperienza è dote fondamentale e può rappresentare una guida fondamentale in un sistema aziendale, ma è molto importante a livello strategico organizzare all’interno del proprio staff uno o più professionalità animate da spirito di curiosità.
Quando nel team ci sono persone curiose si aprono varie possibilità e vari scenari nelle scelte decisionali, poichè si analizzano i problemi e le procedure (anche quelle consolidate) da diverse prospettive.
Chi è curioso vede le situazioni lavorative difficili in modo più creativo. La curiosità è associata a reazioni non eccessive allo stress e a comportamenti non aggressivi. I dipendenti ottengono risultati migliori quando sono curiosi.
La curiosità incoraggia i dipendenti di un gruppo a comprendere le prospettive degli altri e a interessarsi alle loro idee. Questo crea un gruppo che lavora meglio insieme e alla fine ottiene risultati migliori.
I dipendenti con livelli di curiosità più elevati condividono le informazioni in modo più aperto e ascoltano con maggiore attenzione. Caratteristiche fondamentali in un’azienda, specialmente nei ruoli di coordinamento di risorse umane.
Questi sono solo alcuni dei benefici che un atteggiamento curioso può fornire. Vista la sua importanza, come possiamo mantenerlo, svilupparlo e solidificarlo in particolare in azienda?
Mi piace a tal proposito riportare quello che fece Google nel 2004.
Il team di Google mise un annuncio sulla Highway 101, nel cuore della Silicon Valley, che proponeva un’equazione da risolvere.
La soluzione si trovava on line, sul sito www.7427466391.com.
I curiosi che visitavano quel sito trovavano un’altra equazione da risolvere.
I pochi che andarono sul sito e risolsero anche la seconda equazione vennero invitati ad inviare un curriculum a Google.
L’azienda aveva deciso di usare un approccio molto inusuale per trovare nuovi candidati, ma estremamente efficace perché riusciva a riconoscere chi possedeva la caratteristica della curiosità, per Google caratteristica fondamentale al di là di ogni competenza tecnica.
In selezione esistono una serie di Assessment che fanno emergere le caratteristiche sulla curiosità, in quanto misurano quanto le persone analizzino le situazioni da più punti di vista, approfondiscano al di là della loro specifica area di competenza e siano animati dalla voglia di imparare.
Nei colloqui di selezione è anche fondamentale notare quello che il candidato chiede, non soltanto le risposte che fornisce. Per esempio, le persone che vogliono sapere di più riguardo al funzionamento dell’organizzazione, o ad attività non direttamente collegate al lavoro per cui stanno facendo un colloquio, mostrano una curiosità naturale più spiccata di altri. Spesso questo non è apprezzato dai selezionatori che vedono queste richieste come “invasive” e pertanto non positive al fine selettivo.
I leader possono incoraggiare la curiosità semplicemente facendo loro stessi molte domande. Fare domande, e ascoltare con attenzione le risposte, crea un modello anche per gli altri, e stabilisce che per un capo ascoltare è importante almeno quanto parlare.
Molti leader hanno paura di fare domande, perché temono di essere giudicati incompetenti, indecisi, impreparati o non intelligenti.
Altri sono fermamente e sinceramente convinti di avere tutte le risposte, per via della loro competenza tecnica e della loro crescita nell’organizzazione.
Un altro dei modi attraverso cui un manager può essere un esempio di curiosità è anche quello di ammettere quando non sa qualcosa.
Uno studio dell’Università della California descrive l’umiltà intellettuale come il saper riconoscere che quello che conosciamo ha dei limiti. La ricerca mostra come alti livelli di umiltà intellettuale sono associati ad una maggiore volontà di considerare i punti di vista altrui, e ad una maggiore curiosità.
I leader possono sottolineare l’importanza di un mindset orientato all’apprendimento premiando e dando riconoscimenti alle persone che imparano di più, che esplorano nuovi scenari e non si adagiano nella routine, non soltanto a quelle che hanno la performance migliore.
I leader mostrano di dare valore all’apprendimento anche quando reagiscono positivamente a tutte le idee che il team propone evitando un atteggiamento giudicante che demotiverebbe i membri del team a proporre soluzioni alternative e potenzialmente vincenti.
Questa semplice tecnica permette alle persone di restare curiose, di ascoltare attivamente, di rispettare le idee degli altri e di dare il proprio contributo.
Molte aziende offrono ai collaboratori dei contributi in denaro per consentire loro di fare corsi, di prendere specializzazioni, anche di laurearsi.
Spesso i leader sono restii a investire denaro nel training, per paura che le persone poi se ne vadano dall’azienda e portino le loro skills da qualche altra parte.
È già tanto che un’azienda offra a un collaboratore la possibilità di seguire un training relativo al suo lavoro, figuriamoci dargli la possibilità di imparare cose che con il suo lavoro non c’entrano nulla (quasi impossibile!).
Ogni genitore sa che la domanda “perché?” è sempre in bocca ai bambini, che hanno un bisogno insaziabile di capire il mondo intorno a loro.
I bambini non hanno paura di fare domande e non si preoccupano di come verranno percepiti.
Man mano che cresciamo, però, la auto-consapevolezza e il desiderio di apparire competenti e sicuri si mettono in mezzo, e smettiamo di fare domande.
Questo comincia a uccidere, giorno dopo giorno, la curiosità.
Ancora una volta i leader hanno un ruolo molto importante nell’instillare curiosità nei collaboratori.
E’ fondamentale per un’organizzazione fare domande che mettono in discussione lo status quo e invitare le persone a farle.
Pertanto organizza giornate di brainstorming, riunioni o intere giornate in cui tutto è visto con gli “occhi di un bambino” in cui ci si pone domande tipo “perché facciamo in questo modo questa procedura?” “E se da domani smettiamo di fare questo compito cosa può succedere?”.
In molte organizzazioni, leader e collaboratori ricevono il messaggio implicito che fare domande è indesiderato e poco discreto, pertanto valutato in modo non positivo all’interno della stessa.
Le persone sono spesso invitati a focalizzarsi sul loro lavoro, senza preoccuparsi dell’intero processo o dell’obiettivo più grande.
Mentre, ricerche alla mano, mantenere un senso di stupore e di curiosità è fondamentale per favorire creatività e innovazione all’interno dell’azienda. E’ per questo che i leader più efficaci cercano continuamente modi per favorie la curiosità dei loro collaboratori promuovendo l’apprendimento e la scoperta.
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The business case for curiosity, Harvard Business Review
How curiosity changes the brain to enhance learning, Eurekalert
Five Things To Know About Developing Curiosity At Work, Forbes