“Infrangere le regole non ci mette nei guai, se viene fatto nella maniera corretta e nelle dosi giuste.”
(Francesca Gino)
In questo periodo storico, in cui le aziende hanno visto stravolgere certezze, modelli, paradigmi e procedure aziendali parlare di talenti ribelli è doveroso, ovviamente in un ottica positiva e costruttiva come ha fatto Francesca Gino (ricercatrice e docente di Business Administration presso la Harvard Business School) nel suo interessantissimo e per nulla scontato libro “Talento ribelle. Perché infrangere le regole paga (nel lavoro e nella vita)” al cui interno vi sono molte ricerche scientifiche che sanciscono l’autorevolezza di quanto descritto.
Nell’immaginario collettivo i ribelli hanno una connotazione negativa, infatti quando pensiamo a loro pensiamo alle beghe e ai guai. Ci viene naturale pensare alle persone che complicano decisioni apparentemente semplici, creano caos e non sono d’accordo quando tutte le altre persone lo sono. Quanti ne abbiamo incontrati nel nostro lavoro o nella nostra vita personale? E quanto ci siamo seccati a gestirli?
In verità i ribelli sono anche quelli tra noi che cambiano il mondo in meglio con le loro prospettive non convenzionali. Invece di aggrapparsi a ciò che è sicuro e familiare e ricorrere alla routine e alla tradizione, i ribelli sfidano lo status quo.
E’ naturale voler stare nella nostra zona di comfort, circondati da tutto ciò che ci è familiare. Il nostro desiderio di essere accettati ci spinge spesso a non andare contro corrente e ad accettare regole, opinioni e comportamenti senza mettere nulla in discussione. Ma questo atteggiamento alla lunga diventa deleterio e per nulla innovativo.
La ricerca condotta dalla Gino evidenzia come la maggior parte delle lavoratrici e dei lavoratori intervistati si senta obbligato ad una certa conformazione sul posto di lavoro. Nelle aziende in effetti si lavora spesso anche a livello dirigenziale per creare procedure standard da far seguire alle persone per essere maggiormente efficienti, a cui non viene naturale alla maggior parte delle persone metterle in discussione.
Nella nostra quotidianità tendiamo a focalizzarci sulle informazioni che supportano le nostre convinzioni e ad ignorare altre che le mettono in discussione. In questo modo ci troviamo però a trascurare tutto ciò che potrebbe stimolare cambiamenti positivi nel nostro modo di pensare e di agire. I talenti ribelli sono perciò coloro che possiedono un’inclinazione a rifuggire i modelli cognitivi e comportamentali della maggioranza.
Una volta capita l’importanza del talento ribelle nel lavoro e nella vita privata, dobbiamo cercare di allenare il nostro. Ecco i cinque tratti distintivi su cui possiamo lavorare:
1. Novità. Cercare costantemente di orientare il proprio interesse verso il nuovo.
2. Curiosità. Domandarsi il “perché” davanti a situazioni, procedure, compiti, proprio come fanno i bambini.
3. Prospettiva. Intesa come la capacità di assumere il punto di vista altrui per avere una più ampia e più ricca visione del mondo.
4. Diversità. E’ la capacità di valorizzare le differenze, di andare oltre il pregiudizio per cogliere le sfumature offerte da chi ha una visione diversa dalla nostra.
5. Autenticità. Privilegiare la trasparenza dei propri comportamenti, ed è grazie a questo particolare talento che si trasmette empatia e conquista fiducia.
Grazie a queste caratteristiche, un talento ribelle riesce a essere più creativo ed efficace nel raggiungimento dei propri obiettivi con risultati eccellenti.
La leadership ribelle è uno stile di leadership in grado di risvegliare e scoprire i talenti all’interno del proprio team. Francesca Gino ritiene che, per raggiungere questo importante ed ambizioso obiettivo, si debbano seguire otto principi:
E’ fisiologico nelle aziende attenersi alla routine, in cui le persone lavorano in un certo modo (“abbiamo sempre fatto così”) e l’esperienza diventa quindi un valore aggiunto. Ma l’esperienza può diventare un limite, a meno che non sia affiancata dalla capacità di rimettersi continuamente in discussione e di provare a vedere le cose sempre da nuove prospettive.
Coloro che hanno il coraggio di agire diversamente, di seminare piccoli atti di ribellione nella quotidianità sono preziosi per le nostre aziende, perché senza riconoscere i punti deboli e senza fare innovazione le aziende sono destinate a “spegnersi”.
Concludo l’articolo con due domande che mi hanno accompagnato durante la lettura del libro e nella stesura di questo articolo a cui ho dato delle risposte:
1. Le nostre aziende sono pronte a selezionare e a “coltivare” i talenti ribelli?
Sono pronte solo le aziende con una cultura interna predisposta ad accettarli e a trasformarli in un valore aggiunto.
2. E noi quando saremo pronti ad allenare il nostro talento ribelle?
Come suggerisce Francesca Gino il momento migliore per iniziare a farlo è adesso.
Potrebbe interessarti anche Saggezza e compassione: la leadership che non ti aspetti.
Gino F., Talento ribelle. Perché infrangere le regole paga (nel lavoro e nella vita). Egea
Incoraggiare il talento ribelle: un’opzione possibile per tornare a crescere, Il Sole 24 Ore.