Nella nostra vita lavorativa tutti noi abbiamo sicuramente vissuto conflitti e problemi con il responsabile, con i colleghi o con i propri collaboratori, ma siamo stati tutti vittime del mobbing?
Sicuramente no, per la maggior parte dei casi siamo stati sicuramente coinvolti in azioni poco gradevoli e stressanti ma temporanee e delimitate ad un certo periodo temporale.
Infatti si parla di mobbing quando le stesse azioni diventano regolari, sistematiche e di lunga durata.
Il mobbing in generale è definito come un insieme di comportamenti violenti effettuati sia da singoli che da gruppi, attraverso l’esecuzione di vessazioni e umiliazioni nei confronti di un individuo o un gruppo di persone. E’ una forma di violenza psicologica esercitata con intenzionalità lesiva, ripetuta in modo sistematico ed ha come obiettivo un’azione persecutoria la cui finalità è l’estromissione della vittima da una determinata posizione.
Nel mobbing è possibile individuare 3 attori: il mobber o aggressore, il mobbizzato o vittima e gli spettatori ossia chi partecipa alla dinamica sociale in modo attivo o passivo senza bloccare il fenomeno.
Il mobber è colui che inizia e continua l’attacco, le sue motivazioni possono essere molteplici dalla paura di perdere la posizione lavorativa alla banale e semplice antipatia o intolleranza nei confronti di un collega.
Il mobbizzato è la persona in difficoltà, è colui che maggiormente soffre degli effetti del terrore psicologico. Il suo ruolo è di raccogliere e convogliare su di sé gli attacchi degli altri: subire e fare da “valvola di sfogo” ai malumori altrui, proiettare su di sé i loro problemi. Chiunque può trovarsi nel ruolo di vittima, qualunque sia la sua posizione o le sue caratteristiche di personalità.
Gli spettatori sono tutte quelle persone, colleghi, superiori, addetti alla gestione del personale, che non sono sempre coinvolte direttamente nel mobbing, ma che in qualche modo vi partecipano, lo percepiscono, lo vivono di riflesso e non svolgono alcuna azione per bloccare il fenomeno.
Il mobbing nasce non appena l’aggressore individua la sua vittima e verso di essa inizia a sfogare la conflittualità generale con l’obiettivo di distruggerla.
Inizialmente la vittima si accorge degli attacchi e, provando un senso di disagio si interroga sul mutamento delle relazioni. Dopo qualche tempo iniziano i primi sintomi psicosomatici: la vittima comincia a manifestare dei problemi di salute e questa situazione può protrarsi anche per lungo tempo. Questi primi sintomi riguardano in genere un senso di insicurezza, l’insorgere dell’insonnia e problemi digestivi. Col passare del tempo può esserci un serio aggravamento della salute psicofisica della vittima. In questa fase il “mobbizzato” entra in una situazione di vera disperazione che lo porta verso l’uscita dal posto di lavoro tramite dimissioni volontarie, licenziamento, ricorso al prepensionamento o anche esiti traumatici quali il suicidio. Fortunatamente non tutti i casi di mobbing arrivano all’ultima fase. Solo le vittime dei casi estremi sono letteralmente espulse dal mondo del lavoro.
Di seguito in sintesi gli atti e i comportamenti vessatori che possono concretizzarsi nelle seguenti pratiche del mobbing:
Il mobbing può essere orizzontale se viene messo in atto da colleghi di pari grado, verticale se viene messo in atto da colleghi di grado superiore o anche inferiore.
E’ avvilente pensare ed affermare che il mobbing avviene perchè nessuno lo impedisce, gli stessi spettatori tacciono o fanno finta di nulla, per paura di essere coinvolti, per paura di perdere il lavoro in piena e pura omertà.
Il mobbing ha effetti devastanti sia per la vittima sia per l’organizzazione in cui la vittima lavora.
Per la vittima il mobbing può causare problematiche di salute (come problemi di depressione, gastriti, problemi del sonno, disturbo post traumatico da stress, difficoltà di concentrazione), e danni finanziari legati alle costose visite mediche ed assenza della retribuzione in caso di dimissioni.
Anche per le aziende i costi del mobbing sono elevati, purtroppo il fenomeno non è ancora totalmente esplorato dalle aziende e non si ha quindi la percezione della sua gravità e vastità. Le vittime del mobbing in genere riducono il proprio operato del 40% e accumulano settimane di malattia, a questi costi vanno aggiunti quelli della perdita lavorativa degli aggressori impegnati in azioni mobbizzanti che li distraggono dal proprio operato. A tutti i danni economici va aggiunto il danno all’immagine aziendale di fronte a dipendenti che possono manifestare all’esterno di essere vittime di mobbing.
La prevenzione del mobbing è la chiave del successo per vivere una vita lavorativa serena, qualora non si riesca ad evitare il fenomeno è opportuno da parte dell’azienda intervenire subito per bloccare comportamenti e vessazioni socialmente inaccettabili.
Di seguito alcune strategie di prevenzione:
E’ auspicabile anche lo sviluppo di una cultura organizzativa i cui valori siano contro il mobbing:
Chi è vittima di mobbing in genere prova dei sentimenti di colpa e pensa di “essere sbagliato”, la perdita di autostima è lampante e molto veloce, è importante per questo cercare di rimanere lucidi e rivolgersi ad uno psicologo o ad un centro mobbing (presenti in molte città italiane) per essere supportato ed aiutato ad affrontare le difficoltà in ambito lavorativo e limitare e/o bloccare i potenziali danni del mobbing.