Giulia, 35 anni, ha cambiato diversi lavori negli ultimi 10 anni. Quando comincia un nuovo lavoro è molto felice dice a tutti che trova il suo lavoro soddisfacente e non fa che parlare bene del suo capo e dei suoi colleghi. Parla della sua azienda ed immagina di crescere ed avere col tempo ruoli di maggiore responsabilità. Tuttavia, dopo poco tempo, Giulia inizia a pensare che il suo capo ce l’ha con lei. Percepisce ogni richiesta di lavoro o direttiva come una critica ingiusta. Non si trova neanche più bene a lavorare con i suoi colleghi che trova incapaci ma nessuno, a parte lei, si accorge della loro inadeguatezza. A questo punto, è chiaro a Giulia che i suoi capi e i colleghi non le piacciono e alla fine arriva a pensare che le persone dell’ufficio stanno cercando di trovare motivi per licenziarla, e lei non riuscendo a trattenere la rabbia litiga con il suo capo. La situazione diventa insostenibile e Giulia lascia il lavoro.
Cosa succede a Giulia? La prima cosa che potrebbe venire in mente a chi non ha familiarità con i disturbi psicologici è che Giulia ha un brutto carattere o che è una persona difficile. In realtà potrebbe essere affetta da quello che viene definito disturbo borderline di personalità (DBP). I disturbi di personalità possono essere definiti dei malfunzionamenti della personalità di tipo pervasivo che possono danneggiare il funzionamento della persona in diverse aree di vita (identità, relazioni, lavoro). Nelle società occidentali circa l’1%-1,5% della popolazione generale è affetto da DBP (Samuels et al. 2002; Coid et al 2006; Lenzenweger et al 2007).
La sintomatologia del DBP può essere estremamente grave, vediamo quali sono le caratteristiche principali:
Il DBP è un disturbo molto grave ed invalidante per cui è raro incontrare nel posto di lavoro persone affette da questa patologia. Come si può immaginare la disoccupazione e la difficoltà a mantenere un lavoro sono molto diffuse nelle persone affette da DBP (Morey et al 2011; Smit et al. 2006; Laaksonen et al 2010). Una ricerca ha messo in evidenza che circa il 50% delle persone con DBP riesce a trovare lavoro (Sansone & Sansone 2011) ma che solo il 20% delle persone occupate è in grado di mantenere un impiego e diventare finanziariamente indipendente.
Inoltre, è stato visto, che le persone con DBP possono avere una compromissione delle prestazioni lavorative definita spesso in termini di assenteismo (giorni in cui un lavoratore è assente) e presenteismo (giorni in cui il lavoro è ridotto durante il lavoro) (Morey et al. 2011). Juurlink (Juurlink et al 2018) e collaboratori hanno esaminato la relazione tra disturbo borderline, condizioni di lavoro avverse e compromissione della prestazione lavorativa. Gli autori hanno messo in evidenza che i sintomi borderline peggiorano il potere decisionale, la sicurezza lavorativa (percepita dal lavoratore) ed il supporto dei colleghi. Non sono molti gli studi che hanno analizzato le caratteristiche del disturbo borderline sul posto del lavoro ed eventuali modalità per migliorare la performance di questa popolazione di lavoratori, ma lo studio citato fa riflettere sul fatto che oltre agli interventi clinici, assolutamente indispensabili per persone con DBP, potrebbero essere fatti degli interventi volti a migliorare le skills utili nel contesto lavorativo.
Sicuramente è ancora più importante in queste situazioni creare un ambiente di lavoro che sia attento al benessere dei lavoratori e selezionare dei buoni manager preparati nelle gestione dei collaboratori. Inoltre l’azienda potrebbe offrire un supporto psicologico per i propri dipendenti e fornire, per queste categorie di dipendenti, interventi formativi volti a migliorare le skills in queste aree:
Come già sottolineato è infrequente incontrare persone con DBP vista la gravità della sintomatologia ed inoltre la diagnosi deve essere fatta sempre da un professionista. Per avere un’idea più chiara delle caratteristiche del disturbo può essere utile la visione del film Will Hunting-Genio Ribelle. Può essere più probabile avere a che fare con persone che non hanno il disturbo vero e proprio ma dei tratti.
Relazionarsi con un collaboratore o collega con queste caratteristiche può essere estremamente difficile e bisogna abituarsi all’idea che se non è l’altro a cambiare, per stare meglio, dobbiamo fare lo sforzo di cambiare un pò noi. Diventa fondamentale acquisire qualche informazione sul disturbo e conoscere delle strategie utili a relazionarsi con questa tipologia di persone. E’ importante sapere che chi ha DBP è una persona che ha di base una forte vulnerabilità emotiva, che ha probabilmente avuto una storia di vita traumatica, è probabilmente cresciuta in ambiente invalidante e ha sviluppato dei comportamenti utili, anche se disfunzionali, a sopravvivere in quell’ambiente. Un responsabile o un collega non ha chiaramente l’obiettivo di risolvere le problematiche psicologiche dei propri colleghi ma quello di vivere in un ambiente di lavoro soddisfacente e che possa essere il più sereno possibile per tutti.
E’ una tecnica che si utilizza in psicoterapia ma che può essere utilizzata anche in contesti non terapeutici ed in generale per migliorare le relazioni interpersonali. A volte, quando comunichiamo, possiamo dare all’altro la sensazione che quello che lui prova, il suo modo di comportarsi e di pensare sono sbagliati dandogli la spiacevole sensazione di sentirsi invalidato e non accettato. Questa sensazione è spiacevole per tutti ma in persone più suscettibili, come le persone con disturbo borderline, può esserlo di più, generare rabbia e compromissione della relazione. Quando si utilizza la validazione si comunica alla persona, “senza ambiguità, che il suo comportamento è logico ed è possibile comprenderne il significato tenendo conto del contesto in cui si realizza” (Linehan, 2011). Attraverso la validazione comunichiamo alla persona che comprendiamo il suo comportamento e le sue emozioni anche se apparentemente possono sembrare problematiche, le comprendiamo perché sono una conseguenza del suo modo di essere e sentirsi. La validazione si realizza in tre fasi:
Si assume una posizione di ascolto cercando di raccogliere informazioni su cosa è successo alla persona e al suo modo di sentirsi in quel momento.
In questa fase l’interlocutore deve cercare di rispecchiare gli stati d’animo, i pensieri ed il punto di vista della persona assumendo un atteggiamento non giudicante e comunicando presenza e attenzione alle sue comunicazioni. Questo è un potente strumento di validazione e fornisce alla persona la possibilità di percepire aspetti di sé che sfuggono.
In questa fase la persona cerca di identificare nel comportamento dell’altro elementi di saggezza e aspetti più funzionali comunicando la loro comprensibilità. E’ come se si cercasse di trovare un valore nel comportamento della persona tralasciando gli aspetti negativi.
Ciò significa che non si desidera necessariamente validare il punto di vista di un collaboratore o collega se ciò può essere dannoso, ma invece validare i sentimenti collegati al suo punto di vista. Ad esempio, se un dipendente ritiene erroneamente che il suo capo lo abbia preso di mira, validare questa idea potrebbe essere dannoso. Tuttavia, si può validare il fatto che una persona possa essere sconvolta dal sentirsi in questo modo. Questa interazione può aiutare il dipendente a sentirsi accolto e può aprire la strada anche all’idea di considerare un punto di vista diverso sulla situazione.
La persona con DBP si sente profondamente sbagliata e teme che prima o poi gli altri la accuseranno dei suoi difetti, ammettere un difetto potrebbe farla sentire sbagliata totalmente e spesso per uscire da questa situazione attua un rovesciamento di ruoli per cui non è lui o lei ad essere sbagliato ma l’altro. Questo significa che nel relazionarsi ad una persona con DBP può capitare di sentirsi attaccati per una specifica condotta che diventa poi uno spunto per attaccare la persona nella sua totalità. Di fronte ad una situazione di questo tipo si può avere la sensazione di subire un’ingiustizia e può venire automatico provare a giustificarsi o al contrario voler dimostrare che è l’altro ad essere sbagliato con il rischio che la situazione degeneri. E’ utile riconoscere questi stati e non cadere in questo meccanismo che ha degli effetti negativi a livello relazionale.
Potrebbe essere utile pensare che il modo in cui la persona con DBP ci fa sentire quando ci attacca e il modo in cui lui/lei si sente abitualmente e provare ad assumere un atteggiamento empatico mostrando alla persona come si possa gestire la situazione in modo costruttivo. Se per esempio siamo un collega della persona con DBP e veniamo accusati di aver commesso un torto e successivamente offesi pesantemente possiamo ammettere l’eventuale sbaglio e spiegare al collega che questo non significa essere totalmente sbagliati o inaffidabili come persona.
Con questo articolo ho voluto stimolare l’attenzione del lettore su un tema delicato e complesso quale è il disturbo borderline di personalità e spero di aver dato qualche strumento per aiutare i lavoratori a relazionarsi in maniera più efficace con colleghi che possono avere alcune caratteristiche del DBP.
Potrebbe interessarti anche Fobia sociale. Perché un disturbo d’ansia può compromettere le possibilità al lavoro.
Coid J, Yang MIN, Tyrer P, Roberts A, Ullrich S. Prevalence and correlates of personality disorder in Great Britain. Br J Psychiatry. 2006;188: 423–431.
Juurlink TT, ten Have M, Lamers F, van Marle HJF, Anema JR, de Graaf R, et al. Borderline personality symptoms and work performance: a population-based survey. BMC Psychiatry. 2018;18(1). 10.1186/s12888-018-1777-9
Laaksonen M, Pitkäniemi J, Rahkonen O, Lahelma E. Work arrangements, physical working conditions, and psychosocial working conditions as risk factors for sickness absence: Bayesian analysis of prospective data. Ann Epidemiol. 2010;20:332–8.
Lenzenweger MF, Lane MC, Loranger AW, Kessler RC. DSM-IV Personality Disorders in the National Comorbidity Survey Replication. Biol Psychiatry. 2007;62: 553–564.
Linehan MM. Trattamento cognitivo-comportamentale del disturbo borderline. Raffaello Cortina Editore.
Morey LC, Berghuis H, Bender DS, Verheul R, Krueger RF, Skodol AE. Toward a model for assessing level of personality functioning in DSM–5, part II: empirical articulation of a core dimension of personality pathology. J Pers Assess. 2011;93:347–53.
Samuels J, Eaton WW, Bienvenu OJ, Brown C, Costa PT Jr., Nestadt G. Prevalence and correlates of personality disorders in a community sample. Br J Psychiatry. 2002;180: 536–542.
Sansone RA, Sansone LA. The interface: Employment in Borderline Personality Disorder. Innov Clin Neurosci. 2012;9: 25–29.
Smit F, Cuijpers P, Oostenbrink J, Batelaan N, de Graaf R, Beekman A. Costs of nine common mental disorders: implications for curative and preventive psychiatry. J Ment Health Policy Econ. 2006;9:193–200.